Si è appena conclusa la 57esima edizione del Salone del Mobile di Milano, un’edizione record dal punto di vista del numero di presenze: 434.509 presenze, in 6 giorni, provenienti da 188 paesi, con un incremento del 17% rispetto all’edizione 2016, che proponeva le medesime biennali dedicate alla cucina e al bagno, e del 26% rispetto a quella 2017. Abbiamo visto una Milano in vesti scintillanti, cosmopolita, allegra, soleggiata, molto (quasi fin troppo) affollata. Una città presa d’assalto da una popolazione di giovani designer affamati di creatività e innovazione.

Ma questa fame è stata realmente saziata?

Non sono certo mancati gli allestimenti eleganti, sorprendenti, curati nei minimi dettagli: basti pensare allo spazio di Hermès, in cui ogni raggio di luce si percepiva come allineato con le strutture espositive, o il “labirinto” di Bulgari che ha portato il brand a posizionarsi come anticonvenzionale e grintoso.

Ma il design fine a se stesso è ancora in grado di colpire la nostra attenzione? Ci sono due principali driver che, da qualche tempo a questa parte, hanno iniziato ad intrecciarsi con il design. Anzi, hanno iniziato a elevarlo ad un livello superiore, a portarlo verso una nuova fase. Questi due driver non corrono alla stessa velocità.

Da un lato abbiamo la sostenibilità, più consolidata, più empatica con il pubblico a cui si rivolge.

Basti pensare al progetto “Design Work” di Eileen Fisher, che propone un sistema di riciclaggio totale dei vestiti usati. Questi vengono in parte rivenduti ai negozi e in parte (soprattutto se danneggiati) utilizzati per realizzare cuscini o altri elementi decorativi da parete, dimostrando che l’impatto dell’estremo consumismo può essere ridimensionato.

E l’altro driver? La tecnologia. Sicuramente quest’anno, che ha visto come protagonisti i bagni e le cucine, ha mostrato una dimensione domestica sempre più interconnessa, multifunzionale e professionale. Ma il design puro, il “bello per il bello” è realmente pronto ad accogliere questa componente poco emozionale ma senza dubbio portatrice di benessere?

Nel 2016 se n’era parlato a Palazzo Bovara, con la mostra “Soft Home” di Elle Decor Italia, che includeva ad esempio “Cucina Croccante” (una cucina con menu virtuali) e alcuni armadi in grado di dare indicazioni sul meteo della giornata e conseguentemente sull’abbigliamento più idoneo da scegliere. Quest’anno Google ha fatto irruzione nello spazio di Rossana Orlandi con un’installazione curata da Li Edelkoort. Si tratta di una esposizione che racconta un nuovo modo di usare hardware negli ambienti domestici e stimola una riflessione sul ruolo della tecnologia nelle nostre vite. Ma il racconto rimane forse troppo empirico e poco proiettato verso il futuro. Un futuro che invece ci ha mostrato Sony con la sua installazione “Hidden Senses”, un ambiente pensato per uno stile di vita “aumentato” e che mostra oggetti apparentemente comuni ma in grado di interagire con sensi che prima di allora non erano contemplati.

Si tratta di un viaggio multisensoriale che trasporta l’universo domestico in una nuova dimensione in cui svaniscono i limiti tra tecnologia e comportamento umano, poiché la prima si pone come il mezzo in grado di migliorare la vita delle persone di tutti i giorni.

Forse siamo ancora lontani da quel momento in cui design, tecnologia e sostenibilità avranno un ruolo paritario nella nostra società e si daranno la mano per raggiungere traguardi straordinari. Per il momento però prendiamoci questa edizione del Salone del Mobile come un piccolo passo verso la meta.