Il Volto Santo di Lucca, un'importante reliquia custodita nella Cattedrale di San Martino, grazie ad un ambizioso progetto di studio e restauro, ha rivelato informazioni inedite che svelano una storia più antica e complessa di quanto conosciuto finora.

In collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara e l'Opificio delle Pietre Dure di FIrenze, l'Ente Cattedrale ha avviato una serie di indagini scientifiche volte a ricostruire il percorso di questa famosa icona sacra.

Datazione dell'opera

Le analisi condotte mediante il metodo del Carbonio 14 hanno smentito l'ipotesi precedente che considerava la croce del Volto Santo come un'opera realizzata nel tardo medioevo, probabilmente tra il XIV e il XV secolo. Queste analisi hanno invece rivelato che l'opera è molto più antica di quanto si pensasse, appartenendo al periodo compreso tra l'VIII e il IX secolo, cioè all'alto medioevo.

Ulteriori conferme a questa scoperta sono giunte attraverso analisi supplementari condotte sulla fascia di tessuto che si estende fino alla giuntura tra il braccio sinistro e il torso del Crocifisso. La nuova datazione conferma inequivocabilmente che il Volto Santo è stato creato prima della fondazione della Cattedrale di San Martino, la quale risale al XII secolo.

Materiali e tecniche di realizzazione

Durante il meticoloso processo di restauro del Volto Santo a Lucca, le ricerche condotte hanno portato alla luce una serie di rivelazioni significative riguardanti non solo la datazione dell'opera, ma anche la tecnica di realizzazione e i materiali utilizzati per creare questa iconica scultura sacra.

In particolare, la croce del Volto Santo, precedentemente trascurata dalle indagini, è stata oggetto di analisi dettagliate. L'impiego del metodo del Carbonio 14 ha sconvolto le ipotesi pregresse, rivelando che la croce risale a un'epoca molto più antica di quanto si fosse originariamente supposto, situandola nell'alto medioevo.

L'analisi delle specie di legno impiegate nella realizzazione della croce ha rivelato un dettaglio significativo: la croce è stata fabbricata combinando due tipi di legno differenti, il castagno per l'asse verticale e il cedro per il braccio orizzontale. Quest'ultimo, originario del Medio Oriente, è giunto in Europa solo nel XVI secolo, suggerendo che la scelta di utilizzare il cedro per la croce del Volto Santo potrebbe avere una valenza simbolica, confermando la leggenda che collega questa scultura alla Terra Santa e all'ipotetico scultore, Nicodemo, uno dei discepoli di Gesù.

Il Crocifisso con il Volto Santo, invece, è stato intagliato da un unico blocco di noce, un procedimento straordinario che ha permesso di creare una figura tridimensionale completa dalla stessa materia.

Questa tecnica conferisce all'opera un'imponente solidità e integrità strutturale.

Le braccia del Crocifisso sono state unite al corpo attraverso l'uso di un sistema di giunti noto come "tenoni"; inoltre, una fascia di tessuto è stata utilizzata per rinforzare la giuntura delle braccia. L'unione del Crocifisso alla croce è stata assicurata da sei perni, quattro dei quali in rovere e due in cedro. Questa metodologia di assemblaggio è stata impiegata con l'obiettivo di garantire stabilità e resistenza all'opera, permettendo al Crocifisso di mantenere la sua struttura intatta nel corso dei secoli.

Le policromie

Le ricerche hanno inoltre svelato importanti informazioni sulle fasi di restauro precedenti e sulla storia delle policromie dell'opera.

Nel corso dei secoli, i restauri sono stati eseguiti per riparare i danni causati dall'usura o dalla devozione dei fedeli, come nel caso delle punte dei piedi del Crocifisso, che sono state rifatte a causa dell'usura dovuta alle carezze dei devoti. Sono stati anche individuati restauri più recenti, tra cui la rifinitura del pollice e dell'indice della mano sinistra del Cristo.

L'analisi chimica ha permesso di esaminare gli strati pittorici presenti sulla scultura, inclusi i materiali utilizzati per preparare la superficie, i pigmenti colorati e i leganti impiegati nel processo di tinteggiatura. Tra i pigmenti è emerso l'uso di lapislazzuli, responsabile del colore blu predominante nella veste del Volto Santo.

Gli studiosi hanno identificato vari tipi di leganti utilizzati, tra cui colla animale, albume d'uovo e oli essenziali. Questi dettagli contribuiscono a gettare nuova luce sulla storia delle policromie dell'opera e sulle diverse fasi di colorazione nel corso dei secoli.

Il mistero del tempietto

Durante le operazioni di spostamento del Volto Santo, è stata scoperta una parete retrostante, diversa dalle pareti marmoree del tempietto di Matteo Civitali che ospita l'opera (costruito tra il 1482 e il 1484). Su questa parete è stata rinvenuta una pittura murale frammentaria aniconica, con varie decorazioni che fiancheggiano una croce color ocra.