Il 6 gennaio è conosciuto come il giorno dell’Epifania, quello che “tutte le feste porta via”, giacché chiude il “periodo natalizio”. Il termine deriva dal greco e significa “manifestazione, apparizione”, per la tradizione religiosa cristiana riguarda la manifestazione di Gesù ai Re Magi, che arrivano portando i loro doni.

Nella tradizione folkloristica troviamo, invece, un altro personaggio a portare doni, a tutti i bambini, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio: la Befana. Il nome deriva dalla corruzione lessicale di “epifania”, che si è evoluta attraverso bifanìa e befanìa.

Ma in che modo si legano questi personaggi ed eventi? Qual è l'origine dalla Befana?

La befana e le antiche credenze pagane

L’origine precristiana di questa generosa vecchina sembra legata al mondo pagano, ai cicli stagionali dell’agricoltura e ai riti propiziatori che risalgono al X – VI secolo a.c.: a gennaio, infatti, si svolgevano diverse feste per salutare l’anno passato e celebrare il nuovo anno. Anche i romani fecero propri questi riti.

In particolare dopo il solstizio d’inverno e nelle 12 notti dopo il 25 dicembre, giorno in cui i romani festeggiavano il “sol invictus” (proclamato dall’imperatore Aureliano), ossia la “festa del sole”, perché da questo giorno le ore di sole ricominciano ad aumentare.

Si credeva che in queste 12 notti (dal 25 dicembre al 6 gennaio) alcune figure femminili volassero sopra i campi per propiziarne la fertilità per un prossimo buon raccolto. Da qui probabilmente trae origine il mito della Befana “volante”.

Ci sono varie ipotesi su chi “capitanasse” queste figure femminili:

  • In primis la dea Diana, dea della cacciagione e della vegetazione, in sintesi della natura selvaggia
  • Sàtia, dea della sazietà
  • Abùndia, dea dell'abbondanza

Certamente non si credeva che queste dee fossero brutte o anziane, probabilmente fu la Chiesa dell’alto Medioevo responsabile di questo “abbrutimento”.

La condanna dei riti propiziatori rese questa figura femminile più brutta e le diede caratteristiche stregonesche.

Un’altra ipotesi collega la festa della Befana con l’antica festa in onore del dio Giano e della dea Strenia, da cui deriva il nome “strenna”, ossia dono di buon augurio.

In seguito la chiesa ridimensionò le caratteristiche negative di questo personaggio femminile, per collegarlo alla storia dei Re Magi dei quali, nella Bibbia, non sono scritti i nomi né quanti fossero, ma solo che portavano tre doni.

La Befana vien di notte: una storia che si può raccontare ai bambini

La leggenda cristiana della Befana che la lega alla storia dei Re Magi, pare risalga al XII secolo. Narra che i tre Re Magi durante il cammino alla ricerca di Gesù, non trovassero la strada per Betlemme, così bussarono alla porta di una casa per chiedere indicazioni. Aprì una vecchietta, che non seppe dar loro informazioni utili (secondo altre versioni invece diede loro le indicazioni). I Re Magi la invitarono a unirsi a loro, l’anziana signora però rifiutò l’invito perché molto indaffarata e li congedò. Più tardi però si pentì e decisa a raggiungerli uscì con un cesto di doni per il piccolo Gesù. Non trovando i Re Magi cominciò a distribuire i suoi doni ai bambini nella speranza che tra questi ci fosse anche lui.

L’abito fa la Befana, non la scopa: non è una strega

L’iconografia di questi due personaggi a volte si confonde, perdendosi tra pubblicità e commercializzazione, ma in effetti ci sono dei segni di riconoscimento ben distinti:

  • La befana è sempre un’anziana signora, più spesso con il naso adunco
  • Non ha un cappello “da strega”, ma un fazzolettone a coprire il capo, legato sotto il mento
  • Ha una gonna lunga, più spesso rammendata con delle toppe
  • Non ha un mantello ma uno scialle a coprire le spalle

La Befana a teatro e nelle piazze: festa popolare tra il sacro e il profano

Fin dai primi secoli l’evento della venuta dei Magi fu una occasione per delle drammatizzazioni teatrali. Infatti all’interno delle chiese si svolgevano delle sacre rappresentazioni in occasione dell’Epifania, arricchite da numerosi canti popolari.

Dalle testimonianze del XIII e XIV secolo sappiamo che l’introduzione di elementi buffoneschi, diede un tono più comico e folkloristico a queste drammatizzazioni, tanto che non furono più ritenute idonee ai luoghi sacri.

La processione si trasformò in una sfilata di fantocci su pali, accompagnati da tante fiaccole, ancora nel XX secolo a Firenze la fiaccolata accompagnava la “vecchia” al rogo a suon di tamburi e trombe. I fantocci si fanno simbolo del vecchio anno o dell’inverno e in molte regioni vengono bruciati ancora oggi. Ed ecco il primo tipo di “befanata”, ossia un corteo, con canti di questua (richiesta e raccolta di offerte in natura) che spesso prosegue con una festa danzante in piazza, a cui partecipa tutto il paese.

A questo primo tipo se ne aggiungono altre più drammatizzate, con diversi personaggi, che possono avere un tema sacro (riprendendo il racconto evangelico) o profano (con elementi più comici e incentrati sulla vecchia signora).

Oggi il termine “befanata” ricorre anche in alcuni dizionari, tra cui il Treccani: “Canzone della befana, intonata in Toscana la sera del 5 gennaio da brigate di fanciulli o adulti che, accompagnati da strumenti musicali, vanno di porta in porta per avere regali”.