Il mascheramento è una caratteristica fondamentale di Carnevale dal chiaro risvolto ludico ed estetico, meno esplicito è ormai il suo significato più profondo legato alle origini di questa festa. L’aspetto concettuale della maschera di Carnevale è legato al mondo del possibile e al rovesciamento del sistema, ma oggi rischia di essere offuscato dai coriandoli senza poter essere afferrato chiaramente.
Nascono come maschere dei defunti e degli antenati, si ampliano con le maschere degli animali, per arrivare a quelle che sentiamo più nostre: le maschere umane che consentono lo stravolgimento dei ruoli quotidiani.
Le troviamo, più avanti, nel teatro greco per amplificare la voce degli attori; nel teatro latino per rivelare un tipo ”fisso” di personaggio, ad esempio Macco (il chiacchierone sciocco). Ad ogni modo i dati relativi alla pratica del travestimento sono riscontrabili in ogni cultura, in ogni luogo, in ogni tempo: non possiamo datare l'origine.
Maschere di Carnevale italiane a colorare ogni regione
Quelle tipicamente italiane diventano famose tra il 1500 e il 1600 grazie alla commedia dell’arte, ossia un genere di spettacolo teatrale che faceva uso dell’improvvisazione e di maschere che rappresentano “tipi fissi” di personaggi, con connotazioni geografiche ben definite. Vediamo alcune di queste maschere ancora oggi popolari:
- il bergamasco e coloratissimo Arlecchino, maestro dell’arte dell’inganno, pronto a truffare i propri avari padroni, con il suo vestito di tanti colori
- il campano Pulcinella - personaggio fondamentale della tradizione italiana – spontaneo e arguto sempre pronto a usare la sua intelligenza per avere lo stomaco pieno possibilmente di maccheroni al sugo (il suo piatto preferito)
- il veneziano Pantalone, mercante avaro, incessantemente alla ricerca di denaro a discapito di servi e sudditi
- il bolognese Balanzone, dotto pedante e chiacchierone.
- il romano Rugantino, il nome deriva dalla parola “ruganza”, ossia arroganza, litigioso e attacca brighe, ma come dice - nella filastrocca di Domenico Volpi - “Se ti facessero ‘na prepotenza, chiamami subito: corro d’urgenza!”
Maschere di Carnevale decorate ad arte
A Venezia la presenza e la diffusione delle maschere di Carnevale è ben documentata fin dal XIII secolo.
Ci sono notizie delle tecniche di realizzazione e produzione usate nelle apposite scuole. Infatti proprio in questo periodo compaiono strumenti di lavorazione del gesso, dell'argilla, della garza e della cartapesta; usati tradizionalmente per realizzare le maschere veneziane.
Gli artigiani che le fabbricavano, i “maschereri”, davano alla luce maschere fantasiose con composizioni ornamentali così dettagliate, da essere considerati veri e propri artisti, capaci di sorprendere ed emozionare con le loro creazioni.
Carnevale di Venezia: dal 16 febbraio al 5 marzo 2019
Il Carnevale di Venezia è celebrato ufficialmente fin dal 1296, ossia quando il Senato della Repubblica proclamò festivo l’ultimo giorno di Quaresima. Anche quest'anno il programma è ricco di eventi spettacolari, alcuni dei quali gratuiti. Per sapere quando andare al Carnevale di Venezia basta consultare il programma sul sito ufficiale e scegliere tra gli innumerevoli eventi.
Alcune agenzie propongono dei pacchetti-vacanza appositi in questo periodo, si possono trovare varie soluzioni per una vacanza in maschera.
“Buongiorno Siora Maschera” si diceva a Venezia durante il Carnevale, perché si salutava qualcuno senza sapere chi fosse. L’importanza della maschera stava proprio nel sentirsi liberi di essere chi si voleva. Sotto la maschera si poteva nascondere la propria identità, il sesso e la classe sociale, dando l’illusione di essere chi si voleva al di là di ogni gerarchia sociale. Non a caso alcune storiche maschere veneziane coprono completamente il viso. Queste alcune delle maschere tipiche veneziane:
- La Bauta (o larva): la maschera bianca che copre tutto il viso, ma che allo stesso tempo permette di bere e mangiare, grazie alla svasatura che parte da sotto il naso.
- La Moretta: una maschera nera ovale, preferita dalle donne, di origine francese che si diffuse velocemente a Venezia. Perfettamente aderente al viso, tanto che non permetteva neanche di parlare. Una vera e propria maschera muta, giacché si indossava tenendo un bottoncino in bocca.
- La Gnaga: usata dagli uomini per travestirsi da donne, con indumenti femminili di uso comune e una maschera con sembianze da gatto.
Le maschere del Carnevalone Liberato: 10 marzo 2019, un piccolo carnevalone degno di menzione
A Poggio Mirteto, una cittadina in provincia di Rieti a circa 60 km da Roma, si festeggia ogni anno il Carnevalone Liberato.
Una festa in cui è lampante la dimensione trasgressiva del Carnevale, quello in cui si possono/devono, almeno una volta l’anno, rovesciare le regole fino a sovvertire il sistema. Tant’è vero che il Carnevalone si festeggia la prima domenica di Quaresima, quando tutto il mondo cattolico ha smesso di fare festa e banchettare.
I motivi di questa inosservanza delle date ufficiali si trovano nella vicenda del 1861, quando a seguito di una rivolta popolare ci fu la liberazione di Poggio Mirteto dallo Stato Pontificio. Il Carnevalone celebra questo evento ed è caratterizzato da una spiccata componente anticlericale.
Insieme alle maschere di Carnevale tradizionali se ne trovano altre decisamente originali: le maschere del Carnevalone, dissacranti e "politicamente scorrette".
Suore in abiti succinti e/o incinte, santi, diavoli, maschere a sfondo sociale e politico come la confezione di biscotti “Gentiloni". Se per caso non fosse abbastanza chiaro il concetto di rovesciamento dell’ordine costituito a fine giornata si fa un falò in cui si bruciano degli enormi pupazzi con le facce di politici.
La maschera tra finzione e realtà
Un po’ come le maschere di Halloween, quelle del Carnevale creano un alter ego, un mondo più libero di possibilità, una realtà stra-ordinaria, con regole diverse/rovesciate rispetto a quelle ordinarie. La maschera manifesta fa cadere quella che celiamo nel volto durante il resto l’anno. Come disse Oscar Wild "l' uomo è meno se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera e vi dirà la verità". Insomma ci sentiamo più liberi di esprimerci senza metterci la faccia.