Secondo una ricerca americana, per cercare la vita aliena intelligente dovremmo cominciare a cercare nell'universo tecnologie a noi ancora ignote. Questa frase, che sembra pura fantascienza, in realtà ha un senso molto reale per gli esperti. Se infatti si presuppone che civiltà extraterrestri possano utilizzare le energie più potenti dell'universo, come quella dei buchi neri, tramite congegni a noi ancora inconcepibili, noi potremmo comunque rilevare simili strutture tramite i nostri telescopi a raggi gamma.

Alla ricerca di astronavi aliene

Louis Crane, un matematico della Kansas State University, è autore di uno studio che potrebbe aprire nuovi campi di ricerca, sino ad oggi ritenuti pura fantascienza.

Secondo la sua idea i nostri radiotelescopi potrebbero essere capaci di trovare veicoli spaziali alieni alimentati da buchi neri artificiali. La ricerca, intitolata "Alla ricerca di civiltà extraterrestri tramite l'uso di telescopi a raggi gamma" è apparsa online ed è il secondo articolo pubblicato da Crane sull'argomento (il primo fu fatto con il supporto di Shawn Moreland).

Nel primo articolo, Crane e Westmoreland avevano analizzato la possibilità di utilizzare la radiazione di Hawking di un buco nero artificiale per produrre energia. Nel nuovo articolo, Crane ha fatto un ulteriore passo in avanti descrivendo il modo in cui i raggi gamma risultanti da un tale sistema potrebbero aiutare nella ricerca di intelligenze aliene.

La possibilità di una tecnologia alimentata dai buchi neri

I buchi neri sono gli oggetti più "potenti" in natura, dotati di un'energia a cui nulla può sottrarsi. In pratica, quando una stella di dimensioni gigantesche (di gran lunga più grande del nostro Sole) arriva al termine della sua "vita", inizia a collassare su sé stessa, creando appunto un buco nero.

In pratica questa sarebbe una zona dello spaziotempo che si deforma a causa della gravità gigantesca e che assorbe qualsiasi cosa gli passi in prossimità. Nulla può sfuggire a un buco nero, nemmeno la luce (per questo, appunto, è nero).

Per noi sfruttare l'energia di un simile "mostro" spaziale è inconcepibile, ma Crane ipotizza che una tecnologia aliena potrebbe riuscire nello scopo.

Un simile concetto fu introdotto per la prima volta, nel 1975, dallo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke nel suo romanzo "Imperiale". La possibilità di sfruttare un buco nero per generare energia offrirebbe dei vantaggi enormi.

L'idea di una civiltà alimentata da buchi neri è dunque interessante, e non più fantascientifica, soprattutto per le possibilità che presenta nella ricerca di vita extraterrestre. Come per altri segni di attività tecnologica (noti anche come "technosignatures") una civiltà che gestisca e riesca a sfruttare piccoli buchi neri potrebbe essere rilevata grazie a un effetto noto come "spillover", una sorta di emissione energetica, potenzialmente rilevabile dai nostri radiotelescopi. Questo concetto è stato descritto dal Professor Philip Lubin in uno studio del 2016 fatto per la NASA.