Secondo l'Osservatorio sulle partite IVA del Dipartimento delle Finanze, nel 2012 sono state aperte circa 549 mila partite Iva, il 2,2% in più rispetto all'anno precedente. Questo lieve incremento generale assume proporzioni "esponenziali" se lo si rapporta alla generazione under 35, per la quale si è registrato un vero e proprio boom di nuove aperture, ben l'8,1% in più rispetto al 2011. Circa il 40% delle nuove partite Iva è da ascriversi agli under 35.

 Uno studio condotto dalla CGIA di Mestre, evidenzia altri due dati molto interessanti: il boom delle partite Iva riguarda soprattutto le donne, con una crescita del 10%, ed il Mezzogiorno, a cui è ascrivibile il 40% delle nuove aperture "under 35".

Per quanto riguarda i settori produttivi, il commercio si riconferma al primo posto nelle aperture delle nuove partite Iva, seguito dalle attività professionali e dall'edilizia.

Ma cosa ci raccontano questi dati? Sicuramente il boom si è avuto grazie alle agevolazioni introdotte nel 2012 dal ministro Fornero per il regime dei minimi: prelievo del 5% anziché del 20% per i lavoratori autonomi under 35 e con un reddito non superiore a 30.000 euro. Ma da varie fonti autorevoli emerge un'interpretazione ben più sconsolata ed amara: i dati confermerebbero il trend  delle false partite Iva, ovvero lavoratori "de facto" dipendenti ma "de iure" autonomi e quindi sprovvisti di tutte le garanzie incluse in un contratto tipico.

La riforma Fornero  individua tre parametri per "smascherare" una falsa partita Iva: ricavare l'80% dei propri compensi da un unico committente; avere una postazione fissa all'interno di un'impresa; lavorare per un unico committente per oltre 8 mesi l'anno con un compenso inferiore a 18.000 euro.

Secondo Chiara Saraceni, sociologa del lavoro intervistata da Panorama, "Se si escludono le attività professionali che sono quelle che tipicamente hanno davvero a che fare con il lavoro autonomo, salta all'occhio che commercio ed edilizia non sono settori nei quali al momento ci sia una tale domanda da far immaginare un boom di attività autonome. Ne discende, sempre con la cautela del caso visto che non abbiamo dati certi, che siamo di fronte a lavoratori subordinati a cui viene chiesto impropriamente di aprire una partita Iva".