La Corte di Cassazione ritorna sul criterio di ripartizione dellapensione ai superstiti tra coniuge divorziato e coniuge superstiti, ribadendole ultime decisioni. Nella sentenza n.11226 del 10 maggio 2013 afferma il principio secondo il quale laripartizione della pensione deve tener conto non solo della durata del rapportomatrimoniale, ma anche di altri elementi, correlati alle finalità chepresiedono al diritto di reversibilità.

Cerchiamo di farechiarezza. La pensione direversibilità o la pensione indiretta (se il de cuius alla data del decesso nonera ancora pensionato) spetta al coniuge superstite nella misura del 60%, aifigli minorenni, ai figli maggiorenni studenti fino al termine degli studi ecomunque non altre i ventisei anni di età, ai figli maggiorenni inabili.

Ma cosa accadequando il soggetto deceduto lascia sia il coniuge dal quale si era divorziato,sia il coniuge con il quale aveva contratto nuovo matrimonio?

La pensione spetta anche all'ex coniuge divorziato, con diritto aglialimenti, in concorso con gli altri soggetti.

In questi casila pensione ai superstiti è sempre più spesso fonte di conflitti tra il coniugedivorziato e il coniuge superstite, a causa di una normativa lacunosa (a nostroavviso anche ingiusta) che andrebbe riformata.

La legge non prevede, infatti, rigidi criteri diripartizione, applicabili in via amministrativa dall'INPS, ma demanda algiudice l'individuazione della percentuale di riparto. Quindi il conflitto èistituzionalizzato e il procedimento estremamente farraginoso.

La conflittualità è alimentata anche da un duplice orientamentogiurisprudenziale.

Un'interpretazione della norma più restrittivae letterale dell'art. 9 della legge 898/1970, il criterio di ripartizione sideve fondare sul dato matematico della durata dei rispettivi matrimoni. Ma secosì fosse, non ci sarebbe bisogno di ricorrere al giudice, gli anni dimatrimonio potrebbero esse documentati per tabulas all'Istituto previdenziale.

Sul punto èintervenuta anche la CorteCostituzionale, affermando che si deve tenere conto anche delle finalitàdella pensione di reversibilità.

Sulla base diquesta nuova lettura della norma,nel contesto del sistema previdenziale, anche la Cassazione ha rimarcato lanecessità di ponderare "ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristicache presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendoriferimento all'entità dell'assegno di divorzio riconosciuto all'ex coniuge ealle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettiveconvivenze prematrimoniali", "secondo il libero apprezzamento del giudice dimerito" (cass.

Sent. 10575/2008).

Ora la Cortetorna sul punto e ribadisce cheoltre agli anni di matrimonio, si deve tenere conto anche di altri elementiquali l'ammontare dell'assegno divorzile, le condizioni dei soggetti coinvolti,il periodo di convivenza prematrimoniale del secondo coniuge.

Il legislatore dovrebbe riformare la materia e assicurare all'exconiuge una quota di reversibilità nei limiti dell'assegno divorzile. Ciòeviterebbe l'assurda situazione di garantire all'ex coniuge una pensionesuperiore all'indennità divorzile, fornirebbe certezze sulla situazioneeconomica al secondo coniuge, eviterebbe il contenzioso e consentirebbe all'Istitutoprevidenziale di liquidare immediatamente le quote spettanti.