Una nuova bufera giudiziaria si è abbattuta oggi sui cantieri del Mose, un sistema elettromeccanico per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte. Dopo l'arresto del numero uno della Mantovani, Piergiorgio Baita, oggi è toccato all'ingegner Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, toccato da un provvedimento restrittivo della propria libertà personale, insieme ad altre 13 persone.

Una maxi operazione che ha visto impegnati ben 500 agenti della Guardia di Finanza ad eseguire 140 perquisizioni e provvedere alla notifica di sette ordini di arresti domiciliari e sette obblighi di dimora. Fatture false e turbativa d'asta sono le accuse dei magistrati nei confronti delle persone indagate, circa un centinaio.

Le indagini delle fiamme gialle lagunari, coordinate dal Colonnello Renzo Nisi, erano iniziate da un controllo fiscale a carico della Cooperativa San Martino di Chioggia, che ha portato i finanzieri a scoprire l'esistenza di una società austriaca attraverso la quale veniva fatto lievitare, in modo fittizio, il prezzo d'acquisto delle palancole e dei sassi da annegamento provenienti da una società croata, in modo da creare in Austria alcuni "fondi neri" a disposizione dei referenti della cooperativa.

L'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, uno dei sette finiti oggi agli arresti domiciliari, si era dimesso dal ruolo di presidente il 28 giugno scorso. Forse lui sarebbe andato ancora avanti, visti gli enormi interessi sotto banco, ma a 81 anni compiuti e dopo un recente intervento subito, i medici gli avevano ordinato lo stop. "Peccato, perchè volevo tanto portare il Mose alla conclusione 'aveva detto in occasione delle sue dimissioni' mi resta la soddisfazione di pensare che ormai è quasi fatto". Sono passati infatti dieci anni dalla posa della prima pietra e l'opera dovrebbe essere operativa dal 2016, indagine permettendo.