Il terrore e la preoccupazione accompagnano gli italiani ad ogni rilevamento economico su scala mondiale. Questa volta, a spaventare il 'Belpaese', è un rapporto della Commissione europea sul grado di competitività dei paesi a livello mondiale.

Tanti i criteri di analisi: dalla corruzione all'evasione fiscale passando per la crescita economica, gli investimenti, la burocrazia, il lavoro e lo sviluppo delle imprese. Per l'Italia, alla ricerca di una disperata situazione di stabilità interna, non arrivano notizie positive.

Negli ultimi mesi, infatti, si registra una ulteriore perdita di posizioni, con un 49esimo posto complessivo che, paragonato al 42.esimo di pochi mesi fa, segnala una preoccupante involuzione sotto ogni punto di vista, amplificato dal sorpasso operato dalla Spagna, fresca dell'accordo con Telecom Italia passata sotto il controllo di Telefonica.

Un momento buio sotto ogni punto di vista, se si pensa che anche la Grecia, paese costretto alle forme restrittive della Ue e teatro di numerose rivolte interne partite dal popolo civile, appare in leggera crescita dopo un triennio di stenti. Per l'Italia, al contrario, il treno della crescita appare ancora lontano in un contesto di leggerissima ripresa paventata dall'Unione Europea e confermata dai dati dell'ultimo semestre, indicati come "primo passo per un moderato percorso di stabilizzazione".

Dando uno sguardo all'Europa nel suo insieme, il rapporto mette in luce l'assoluta efficacia del sistema tedesco che, sul fronte delle imprese e della burocrazia, schiaccia inequivocabilmente l'Italia.

Consolidate, inoltre, le economie del Nord Europa, con Svezia ma soprattutto Finlandia promotrici di un benessere efficace e avviato da almeno un decennio. La "competizione territoriale" è, e resta, di gran lunga a vantaggio dei paesi scandinavi, laddove una pressione fiscale più equa sulle famiglie, unita al funzionamento del mercato interno del lavoro favoriscono l'inevitabile primato nel vecchio continente .