L'Argentina è finita in bancarotta per la seconda volta in meno di 15 anni. In gergo tecnico si chiama default, comunque il senso è chiaro: il paese non è più in grado di pagare i creditori. L'Argentina in precedenza ha fatto default in altre sette occasioni: nel 1827, 1890, 1951, 1956, 1982, 1989, e nel 2001. Ma questa volta è diverso. Innanzitutto l'economia del paese appare in salute: il bilancio commerciale del paese è in attivo grazie all'export agricolo, ha uno stato solvente ed un sistema bancario funzionante. Quindi, dove sta il problema?

Il fatto è che alcuni "fondi avvoltoi" stanno giocando contro il paese sudamericano. Non è la prima volta che un paese si trova in acque agitate a causa della speculazione internazionale, basterebbe citare il caso dell'Italia e dell'andamento del suo spread; ma sarebbe la prima volta che investitori internazionali privati causano il default di un paese. La cosa è aggravata dal fatto che in questo caso ha contro addirittura la giustizia Americana. In sintesi, quando l'Argentina ristrutturò il suo debito in seguito al default del 2001, la stragrande maggioranza di creditori sottoscrissero l'accordo; ma un gruppo di fondi di investimento, che fanno capo ad una stessa persona, il miliardario americano Paul Singer, acquistarono a prezzo irrisorio parte di tali titoli, e poi si rivolsero ad un giudice USA chiedendo all'Argentina il pagamento del 100% del valore nominale.

Il giudice diede loro ragione, e la sentenza è stata da poco confermata dall'Alta Corte statunitense.

E' evidente che i "fondi avvoltoi" acquistarono i titoli ben consapevoli che il loro valore reale era molto inferiore a quello nominale, quindi il loro intento non poteva che essere di usare i bond per un più complesso e pericoloso gioco geopolitico.

In un certo senso si potrebbe pensare ad una versione moderna del colonialismo, dove l'accaparramento delle materie prime avviene in modo "legale". Ma l'Argentina non ci sta, e a sua volta ha denunciato gli USA alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja. La tesi è che la Corte Suprema statunitense, che obbliga l'Argentina al rimborso totale dei bond posseduti da fondi americani, ha violato la sovranità del paese sudamericano.

Insomma il gioco si fa duro tra Argentina ed USA. O forse dovremmo dire tra uno stato sovrano, che deve garantire il bene del proprio popolo, e dei soggetti privati che hanno come scopo solo il proprio interesse economico, a discapito anche della vita e del futuro di un altro paese. Forse per l'Argentina una soluzione è già alle porte: un pool di banche internazionali (Deutsche Bank, Citigroup, Jp Morgan e HSBC) si sarebbe infatti offerto di rilevare i bond oggetto di discordia, togliendo in pratica le patate dal fuoco e mettendo d'accordo creditori e debitori. Di certo c'è qualcosa che scricchiola nella normativa internazionale, e sarebbe bene una approfondita riflessione al riguardo, per evitare che una sola persona o gruppi di potere possano influenzare in modo così forte il destino di una intera nazione.