Il sistema imprenditoriale italiano, composto per il 90% di Piccole e medie imprese potrebbe subire, presto, una vera e propria ecatombe. E questo a causa della riforma del Diritto Fallimentare, recentemente approvata e per la quale si è in attesa dei decreti attuativi. A lanciare l'allarme sono i commercialisti italiani. Ma cerchiamo di capire da dove origina questo potenziale fallimento generalizzato.

E, sopratutto, cosa si possa fare per invertire la tendenza.

I dati della Fondazione nazionale commercialisti

Secondo quanto rilevato dall'analisi di centinaia di bilanci aziendali da parte della Fondazione Nazionale Commercialisti, il Comune denominatore di oltre l'80% delle grandi imprese esaminate è dato da un Roe, Return on equity, negativo. Lo stesso, può dirsi, di oltre il 30% delle Piccole e medie imprese. In pratica, il Capitale investito nell'azienda non viene ripagato adeguatamente. La conseguenza diretta è un maggiore indebitamento nei confronti del Capitale di Credito, anche perché le aziende, avendo difficoltà a produrre utili, hanno maggiore bisogno di sostegno finanziario.

Ora, la riforma fallimentare rischia di accentuare questi fenomeni. Cerchiamo di capire perché.

Le nuove disposizioni

La riforma fallimentare introduce nell'ordinamento giuridico italiano due nuovi istituti. Questi sono le procedure di allerta e la composizione assistita della crisi. Se dovesse continuare a perdurare la situazione descritta dall'analisi della Fondazione Nazionale Commercialisti, è gli imprenditori non volessero o non fossero più in grado di immettere capitali aggiuntivi nella propria azienda, questo, in base al nuovo articolo 4 della legge fallimentare, significherebbe bypassare le procedure di allerta e arrivare, immediatamente, alla composizione assistita della crisi.

Questo vorrebbe dire che alla guida dell'impresa verrebbe posto un team di esperti, nominato dalle Camere di Commercio, che, per poter garantire la continuità aziendale, dovrebbero attuare o un taglio dei debiti o un allungamento delle scadenze di pagamento o entrambe le cose.

Ma, vista la vastità della platea dei potenziali interessati, ciò potrebbe indurre gli istituti di credito a ritirare la fiducia alle imprese, chiedendo il rientro immediato o quasi dei capitali prestati, innescando un effetto domino che potrebbe portare al collasso gran parte del sistema produttivo.

Le soluzioni possibili

Dato che i decreti attuativi devono ancora essere varati c'è la possibilità di rendere la riforma veramente utile al mondo delle imprese. Secondo il Ministro della Giustizia Andrea Orlando si stanno studiando dei correttivi in linea con la realtà imprenditoriale del Paese. E questi dovrebbero incidere sugli indicatori utilizzati per determinare se ci si trovi dinanzi ad una crisi d'impresa.

D'altra parte, la dottrina aziendalistica ha, da tempo, individuato nel flusso di tesoreria o piano di tesoreria prospettico la grandezza da tenere d'occhio per sapere se un'impresa sarà in grado di far fronte ai suoi impegni. Ma l'introduzione di questo come di altri parametri deve essere oggetto di attenta riflessione. Diversamente, parte del sistema produttivo potrebbe arrivare al collasso, con pesanti conseguenze per tutti.