Le previsioni della Cgia di Mestre sono chiare: o il nuovo Governo predispone entro la fine del 2018 una manovra di bilancio che porti un gettito di almeno 18,5 miliardi di euro o sarà inevitabile l'aumento dell'Iva.

L'aumento sarebbe necessario per rettificare i conti pubblici e per garantire le uscite già impegnate e non differibili.

Questo il risultato dall'analisi dei dati trasmessa dall'Ufficio studi Cgia di Mestre, secondo cui il nuovo governo dovrà trovare in tempi brevi 12,4 miliardi per evitare l'aumento dell'imposta nel 2019.

Altri 3,5 miliardi saranno richiesti dall'Ue per ottemperare agli impegni sottoscritti nel "Six pack", l'accordo secondo cui gli Stati membri dell'Unione devono mantenere un debito pubblico inferiore al 60% del Pil e un deficit pubblico non superiore al 3% del Pil.

Restano poi da recuperare 2,6 miliardi per garantire la copertura di diverse spese non procrastinabili.

L'allarme della Cgia

Paolo Zabeo, responsabile dell'Ufficio studi della Cgia, sottolinea come l'entità di questa manovra risulti evidentemente incompatibile con le promesse fatte agli elettori durante l'ultima campagna prima del voto del 4 marzo scorso.

Dopo i proclami sui benefici derivanti dall'introduzione del reddito di cittadinanza, dall'applicazione della flat tax, o dall'abrogazione della legge Fornero, bisognerà vedere con quale manovra chi salirà al Governo sarà capace di recuperare oltre un punto percentuale di Pil, afferma Zabeo. Recupero da ottenere in tempi record per scongiurare l'aumento dell'Iva.

Se non si dovessero riuscire a recuperare i 12,4 miliardi di euro, a partire dal 1° gennaio 2019 ci sarebbe un aumento dell'aliquota Iva, che passerebbe rispettivamente dall'attuale 10% all'11,5% e dal 22% fino al 24,2%.

Le richieste di Bruxelles

Rispetto agli impegni sottoscritti con Bruxelles, così come stabilito dal "Six pack", nel 2017 era stato chiesto all'Italia di diminuire il rapporto tra deficit e Pil dello 0,5%.

Dopo il terremoto che ha duramente colpito il centro Italia e a seguito dell'aggravarsi del fenomeno dell'immigrazione dai paesi nordafricani, la stessa Commissione Europea ha rivisto la percentuale di riduzione fissandola allo 0,16% del Pil, impegno mantenuto grazie alla manovra da 1,6 miliardi di giugno 2017.

Analizzando i dati risulterebbe una differenza di 0,5 punti percentuali rispetto a quanto richiesto dall'Ue, in gran parte dovuta all'aumento della spesa pubblica.

Bruxelles sembra intenzionata a chiedere all'Italia una nuova manovra correttiva che dovrebbe portare a recuperare 3,5 miliardi di euro.

Rimangono i circa 2 miliardi di euro da trovare entro la fine del 2018 per il rinnovo del contratto della pubblica amministrazione, altri 500 milioni di spese non differibili e ulteriori 140 milioni per scongiurare il rincaro delle accise sui carburanti che entrerebbe in vigore dal 1° gennaio 2019.

Il segretario della Cgia Renato Mason sottolinea che nonostante la crescita record del 2017, la migliore performance degli ultimi sette anni, l'Italia resta il paese fanalino di coda nella Ue proprio perché la sua crescita è inferiore agli altri membri dell'Unione.

Le stime di Bruxelles per i prossimi due anni non sono ottimistiche.

Si prevede che l'Italia sarà ancora il paese europeo con la minor crescita economica. Per il 2018 si stima una crescita dell'1,5 % del Pil che scenderà poi all'1,2% nel 2019.

Sebbene la situazione economica internazionale sia favorevole l'Italia stenta a crescere, dovendosi trascinare la zavorra di tutti quei problemi irrisolti che da decenni gravano sul paese.