Da qualunque parte si guardi il quadro generale dell'economia italiana conferma che la crescita economica, seppur lieve, è ritornata su un sentiero di decelerazione. A confermarlo sarebbero gli ultimi dati macro e microeconomici elaborati da vari organi istituzionali, in primo luogo l'Istat. Vediamo di entrare maggiormente nel dettaglio per capire le ragioni di questo rallentamento e, se e quali potrebbero essere gli antidoti.

Le audizioni di Istat e Bankitalia

L'occasione per la presentazione di questa impietosa analisi della congiuntura economica che sta attraversando il nostro Paese e stata l'audizione , davanti alle Commissioni Speciali di Camera e Senato, di alti rappresentanti di istituzioni pubbliche.

Il primo di questi è stato il Presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, che ha messo chiaramente in evidenza che la crescita economica sta rallentando e perdendo di intensità. Anche il Vicedirettore di Banca d'Italia, Luigi Federico Signorini, mette in risalto come, quest'anno il Pil nazionale dovrebbe attestarsi su un più 1,4%, per poi scendere, nel biennio 2019 - 2020 intorno all'1,2%.

Vi sarebbero, però, variabili esogene, come ad esempio le crescenti tensioni internazionali che potrebbero incidere negativamente sulla crescita. Stime simili al ribasso sono considerate più realistiche anche dall'ufficio Parlamentare di Bilancio. Sopratutto, se continuerà a perdurare il clima di incertezza Politica degli ultimi 2 mesi. Non solo, ma questa minore crescita sarebbe frutto della riduzione dei consumi indotta dall' aumento del prezzo del petrolio come riconosce il Presidente dell'Upb, Giuseppe Pisauro.

L'effetto dazi

D'altra parte, in un'economia come la nostra, dove casi di eccellenza possono essere rinvenuti, particolarmente, nei settori più votati all' export, il rallentamento degli scambi commerciali internazionali indotto dalla "guerra dei dazi" innescata dagli Stati Uniti può avere risvolti pesanti.

Infatti, le diverse istituzioni stimano un rallentamento dello scenario base compreso tra lo 0,3% dell'Istat e lo 0,5% dell'Upb. Nello stesso tempo, viene previsto un calo più marcato delle esportazioni fino ad un 1,1%. Questo, ovviamente, per la diminuzione di fiducia che uno " shock protezionistico" avrebbe su imprese e famiglie.

Ovviamente, non poteva mancare, nell'elenco dei potenziali rischi per la crescita economica, un riferimento all'aumento dell'Iva e alle clausole di salvaguardia da disinnescare. Tutti i rappresentanti delle varie istituzioni sono concordi nell'affermare che rappresentano una grave ipoteca sulla crescita futura.

Le possibili soluzioni

Sia per il Presidente dell'Istat, Alleva, e per quello dell'ufficio parlamentare di Bilancio Pisauro devono essere identificate fonti alternative di entrata o di riduzione di spesa in modo tale da incidere sul debito pubblico, vera zavorra del Paese.

Da parte sua Banca d'Italia sollecita il futuro Governo ad amplificare lo sforzo, già notevole, contro l'evasione fiscale. E mette in guardia anche contro una riforma pensionistica che appesantisce i conti dello Stato.