Ci si aspettava di trovare code agli uffici postali o ai Caf in questa prima tre giorni di avvio delle domande per il reddito di cittadinanza. Una aspettativa che non è stata confermata dalla realtà, perché il paventato assalto a presentare l'istanza non c’è stato. I numeri riportati dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” parlano di 122mila domande presentate tra il 6 ed il 7 marzo, cioè nei primi due giorni dall’avvio della procedura. Per il primo step di domande c’è tempo fino a fine mese, mentre per il secondo si partirà il 6 aprile. Il quotidiano parla di cittadini che fanno l’analisi "costi-benefici" della misura, clonando un termine molto in uso per la vicenda della Tav.

In pratica, il numero di domande esiguo rispetto alle attese è figlio dell’analisi della convenienza della misura. Tutto questo probabilmente perché le rigide regole anti furbetti imbastite dall’esecutivo, con sanzioni pesanti a più livelli sono un elemento che porta i possibili richiedenti a pensarci bene prima di presentare domanda.

I requisiti molto specifici

Ormai è nero su bianco il meccanismo che il governo ha deciso di utilizzare come regole e controlli dei cosiddetti furbetti del reddito di cittadinanza e soprattutto dell’Isee. Infatti, per poter accedere alla misura occorre richiedere l’Isee attraverso la Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu). I limiti importi dalla misura sono ormai delineati.

L’Isee del nucleo familiare del richiedente non deve superare i 9.350 euro. Inoltre non bisogna avere case, terreni ed altri immobili in catasto per un valore complessivo superiore a 30.000 euro al netto della casa di abitazione. Alla voce immobili rientrano tutti gli immobili di proprietà di qualsiasi membro nel nucleo familiare di chi richiede il reddito di cittadinanza.

Inoltre non bisogna avere automobili immatricolate a nuovo nei due anni precedenti la data di presentazione delle istanze e non bisogna in nessun caso possederne una di cilindrata superiore a 1.600 cc. Anche in questo caso, le autovetture sono tutte quelle riguardanti ciascun componente la famiglia.

Regole dure e sanzioni pesanti

Il Sole 24 Ore spiega che un probabile deterrente alla presentazione delle domande è il fatto che una volta presentata la domanda, chi anche saltuariamente svolge attività in nero potrebbe, entrando nel meccanismo reddito di cittadinanza, perdere la sua invisibilità dinnanzi al fisco italiano. Secondo l’articolo del quotidiano questo potrebbe rivelarsi un falso problema, perché l’Inps ha la facoltà di inviare comunicazioni a casa dei cittadini che hanno un Isee inferiore alla soglia minima di accesso al reddito di cittadinanza. In pratica, una volta ottenuto l’Isee, anche non presentando domanda si può comunque finire nelle grinfie dei controlli. Il particolare sistema sanzionatorio e dei controlli, anche se è ancora prematuro parlarne, potrebbe scoraggiare molti potenziali beneficiari dal presentare domanda, rendendo difficile raggiungere il risultato prefissato dal governo di concedere il benefit ad 1,3 milioni fi famiglie.

Per chi adotta metodi illeciti per poter sfruttare la misura pur non avendone diritto rischia il carcere fino a 6 anni, oltre naturalmente a dover restituire i soldi eventualmente percepiti in maniera illegittima. Sanzioni che si estendono anche alle aziende che magari fanno lavorare soggetti che sono allo stesso tempo beneficiari del sussidio, naturalmente in nero. In questo caso, alle imprese verrebbe comminata una maxi sanzione con maggiorazione del 20%. Tutte queste sanzioni scaturirebbero dalla potente macchina dei con trolli che il governo è intenzionata a lanciare. Anche se ancora da definire nello specifico, la macchina dei controlli partirà dall’incrocio delle banche dati di tutte le Pubbliche Amministrazioni coinvolte e cioè Inps, Anpal, Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro e Agenzia delle Entrate.

Sembra certo che presto verrà firmata convenzione tra Ministeri del Lavoro e dell’Economia, con le Fiamme Gialle che saranno organo di controllo sia per l’Isee che per verificare le spese che i beneficiari faranno con la card. All’Inps spetta il compito di verificare i dati reddituali e patrimoniali grazie alle banche dati del Fisco, del Catasto, degli istituti di credito e dell’anagrafe tributaria. Controlli mirati che non lasceranno nulla al caso perché saranno chiamati al lavoro anche i comuni che devono verificare i requisiti anagrafici dei beneficiari, cioè la residenza da almeno 10 anni in Italia dei quali gli ultimi 2 consecutivi e se i cambi di residenza o i divorzi non siano dei fittizi cambi di residenza e dei finti divorzi.