Per la serie BlastingTalks intervistiamo David Conti, brand ambassador e shareholder di marchi della moda e del lusso, esperto di comunicazione, digitalizzazione e di personal branding.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks Italia.

Iniziamo introducendo la tua carriera, il tuo percorso di studi e in quale contesto lavorativo ti sei inserito.

Sono laureato in Economia e Commercio, e oggi mi sto specializzando in Corporate Finance. Quindi il mio settore è quello della finanza, a cui mi sono appassionato fin da giovanissimo. Dal mio punto di vista finanza e comunicazione vanno di pari passo, e gli ultimi eventi lo dimostrano. Vorrei quindi sottolineare quanto una formazione il più ampia possibile sia importante. Ciò permette di scegliere, e di avere una forma mentis che andrebbe applicata in ogni ambito della propria vita.

Come hai iniziato, quali sono le tue passioni e come le hai unite al tuo percorso professionale?

Dividiamo intanto i due ambiti, in finanza ho iniziato facendo il classico percorso universitario. Mentre dall’altro lato, quindi in comunicazione, il punto di partenza è stato durante la 75^ Edizione del Festival del Cinema di Venezia, in cui, invitato dalla Maison De Champagne Moët & Chandon, ho partecipato come brand ambassador al mio primo red carpet, per la prima mondiale della serie Tv “L’amica Geniale” tratta dal libro di Elena Ferrante.

Ho trovato un terreno fertile: mi sono trovato ad avere a che fare con i Marketing e Communication manager delle più grandi aziende italiane e non, trovando quindi opportunità interessanti per poter convertire quelle che erano le mie passioni in qualcosa di più consistente. Penso per esempio agli orologi, o al mondo della vela, ai profumi o a brand di successo come la Levi’s.

C’è uno studio alla base di tutto questo e una ricerca del prodotto migliore per categoria. La passione ha fatto sì io avessi una cultura di base, mentre attraverso i miei studi e la comunicazione ho creato un canale per il posizionamento di questi prodotti: in questo modo si è creato un perfetto marketing mix.

In cosa consiste la tua attività di shareholder per brand importanti a livello internazionale?

Fin dai primissimi guadagni ho sempre investito proventi finanziari in aziende di cui ero e sono anche cliente: addirittura ricordo che chiesi ai miei genitori, come regalo di Natale, di comprarmi azioni di LVMH. Questo anzitutto per poter prendere parte alle assemblee dei soci, e capire meglio le dinamiche da un punto di vista sia di stakeholder che di shareholder. Poi, nelle aziende che ne dispongono, mi sono iscritto ai club degli azionisti che permette di accedere a delle dinamiche interessanti nella vita di un’azienda, e di avere degli sconti particolari sui prodotti. Quindi anche qui, più che attività parlerei di una passione, che deve essere la base della piramide lavorativa.

Dopo la pandemia le imprese hanno accelerato il processo di digitalizzazione legato al mondo degli influencer, dei social e della comunicazione mediata, puoi entrare nel dettaglio della tua attività in questo contesto?

La pandemia ha costretto le aziende a dedicarsi solo al canale online. Che permette due cose: da un lato dei risultati precisi in termini di punti KPI, dall’altro costi molto bassi, perché chiaramente si evitano tutti quei fixed costs che anche un evento di lancio inevitabilmente ha - pensiamo per esempio a una cena di presentazione. Io credo che, nel mercato del lusso, una componente fondamentale sia l’attesa, il non avere tutto e subito. Quindi io, da fermo sostenitore del non utilizzo di Instagram in forma diretta per promuovere il lusso, mi sono concentrato su una forma più classica, ovvero i Magazine specifici di vari settori, per posizionare i giusti prodotti in quello che è il target ricercato dai brand con cui collaboro.

Chiaramente ciò è stato pubblicato anche online, sui vari canali social, però sempre in forma indiretta, mai in forma diretta.

Dopo la pandemia, la mia strategia è cambiata. Ho deciso di rilasciare qualche intervista e di non partecipare a eventi, perché volevo capire quello che stava succedendo e come le aziende e i Communication Manager stessero riorganizzando i target. Volevo anche capire se gli eventi (o almeno un certo tipo di eventi) fossero ancora la location giusta per il mio tipo di comunicazione anche perché il mondo stava totalmente cambiando assetto. Il risultato è che, come dicevo, ho preferito attendere, da buon amante del luxury. La mia prossima partecipazione sarà, sempre ospite della Maison Moët & Chandon, alla 79^ Edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Sui social è un fiorire di influencer e di ambasciatori di brand, in cosa ti differenzi dagli altri?

Oltre al partecipare a eventi e campagne selezionate, quello che più mi differenzia è avere il controllo totale della mia immagine senza agenzie, consulenti o promoter. Oltre a questo non ho profili su social network, tranne LinkedIn e Facebook che però non uso come Asset Comunicativo. Come mia forma di Comunicazione Core preferisco utilizzare quelle tradizionali. Un po’ come gli Champagne più prestigiosi, che non sono prodotti sempre ma solo quando ci sono le annate migliori. Ecco: questa è la filosofia, che sta alla base di tutto nella mia vita, dalla moda alla finanza, ma anche alla quotidianità.

Si fa un gran parlare di “personal branding”, qual è la tua visione e perché dal tuo punto di vista è importante per i professionisti della comunicazione?

Il Personal Branding è la targa, o meglio ancora una sorta di indirizzo IP professionale del futuro. È il modo con cui un professionista riesce a creare un valore aggiunto non solo per se stesso, ma anche per l’azienda in cui lavora, aumentando il valore percepito del brand e il relativo tasso di penetrazione nel mercato di riferimento. Inoltre permette al professionista stesso di differenziarsi, di essere percepito come di valore più alto, e di conseguenza tradurre il tutto in un high income. Importante però è avere ben chiaro dove si vuole andare, qual è il target, prima di impostare una costruzione di personal branding.

Oggi ci sono tantissimi esempi di questo: penso a Elon Musk, oppure al nuovo Ceo di UniCredit che nel settore viene definito il “Cristiano Ronaldo” dei CEOs. Il personal branding è importante sicuramente per i professionisti della comunicazione, per potersi collocare efficacemente sul mercato e anche per scoprire qualche segreto in più. Ma sono sicuro che in futuro non riguarderà solo i Marketing e Communication Managers, ma tutto il management aziendale, perché si tenderà a identificare l’azienda con cui interagiamo con la persona che la rappresenta.

Come articoli la tua attività per farti notare dai brand? Quanto si guadagna e come stipuli i contratti di lavoro?

Il punto di partenza fondamentale è che gli eventi, quelli di livello, sono fondamentali.

Perché permettono di fare networking e di tessere relazioni da cui poi possono nascere collaborazioni. Altre volte sono i PR Manager stessi a cercarmi, perché magari hanno visto un'attività fatta da me con qualche brand che risulta interessante per loro. Ogni caso è diverso, ma posso dire che gli eventi generalmente aiutano a entrare in contatto direttamente con le persone, così da potersi confrontare in maniera più rilassata, più personale.

Per rispondere alla seconda domanda devo dire che dipende. Con ogni brand ho un rapporto unico, ci sono varie formule di collaborazione, dal product placement ai contratti di advisoring con guadagni mediamente abbastanza alti. Tutto dipende da una serie di dinamiche, dall'impegno richiesto e dalle relazioni che si stringono con ciascun brand.

Oltre a questo, però, voglio ricordare che non faccio solo cose a fini di lucro. Per me la solidarietà è un valore importante, per questo dal 2018 mi sono avvicinato a Save the Children Italia dedicando un po' del mio tempo libero ad attività di volontariato.