Ancora una volta, la via maestra ci è stata indicata dal popolo greco, ossia i discendenti di coloro che furono i padri fondatori della nostra civiltà. Quella cui noi dobbiamo tutte le nostre conoscenze, i nostri valori e la nostra stessa architettura umana e politica. Qualcuno ci ha provato, a rinnegare questa paternità, esplicitando la superiorità dei mercati sul volere dei popoli, come se questo non fosse rilevante.

Da ieri sera molto è cambiato. L'esito del referendum greco, che ha sancito la vittoria del "NO" con il 61,3% dei voti, ha dato un segnale forte all'establishment dell'Eurozona: le politiche di austerity non consentono di uscire dalla crisi e la acuiscono.

In questi giorni abbiamo visto immagini di una Grecia al collasso: folle oceaniche ai bancomat, pensionati in lacrime agli sportelli bancari, previsioni di esiti che sfiorano il tracollo, in perfetto stile 2012 - fine del mondo, salari e pensioni ridotti al minimo, scorte di contante nelle banche limitatissime, disoccupazione (soprattutto giovanile) a livelli stratosferici. Dati incontrovertibili.

Non si è però intuito (a parte premi Nobel come Paul Krugman e Joseph Stiglitz) il perché vengono diffusi tali concetti: guerra ideologica. La "strategia del terrore" che quarant'anni fa si evidenziava con le bombe, oggi è del tutto inutile. Provvede, con medesimi risultati, la rete dei media, una vera disinformazione organizzata, puro terrorismo psicologico per favorire il "sì".

Un esempio? Sui social network (anche profili ufficiali) si leggeva sempre: "Se vince il 'no' non ci saranno più il cibo e i medicinali"; sono stati diffusi sondaggi che davano in vantaggio il "sì", nemmeno rimossi dopo che la stessa società demoscopica che li avrebbe fatti, li ha smentiti. Tutto amplificato dalla maggioranza dei media occidentali.

Dovunque, è stato sbandierato più volte lo spettro dell'influenza della Russia e della Cina, riesumando i toni da vecchia "guerra fredda", senza rendersi conto:

  1. che il mondo è cambiato e le ideologie novecentesche sono ormai tramontate;
  2. che l'Unione Europea dev'essere "terzo polo" di equilibrio fra USA e Russia/Cina;
  3. che l'assimilazione delle idee neoliberiste e anarcocapitaliste sta sempre più venendo meno anche negli stessi paesi dov'esse sono nate e applicate (peraltro neanche nella loro interezza).

Il voto di ieri ha spazzato via tutto questo.

Ha sconvolto i piani per l'allontanamento di un governo "poco gradito" all'establishment europeo, in spregio alle democratiche elezioni del gennaio scorso. Tale esito dovrà costringere i paesi nordici e la Germania a scendere a più miti consigli, nel rispetto della volontà popolare. Quella volontà troppe volte calpestata in nome delle logiche di mercato, dei profitti, del voler mettere le mani sul patrimonio immenso di un'intera Nazione a prezzi di ultra-saldo.

In Piazza Syntagma hanno detto "no" a tutto questo. La priorità che attende Tsipras e il successore di Varoufakis (chiunque sia), è restare in Europa, tenendo alta la dignità del loro popolo. Quello spirito che, forse, pervaderà anche le altre popolazioni del Sud Europa, poco disposte a essere ridotte a colonie da parte degli Stati-guida.

Il rinnovamento dell'Unione Europea passa - ancora una volta - dal Mediterraneo: da qui potranno essere gettate le sementi per realizzare quello che era davvero il sogno di Spinelli, De Gasperi, Schuman, Adenauer: un sogno nato in un piccolo lembo di terra in mezzo al Mar Tirreno e riportato a nuova vita al centro del Mar Egeo.