Il governo Renzi e l'Inps continuano a lavorare per trovare dei meccanismi di uscita flessibile da introdurre a partire dal prossimo anno. L'ipotesi che piace a molti partiti politici è quella presentata da Damiano-Baretta: uscita dal lavoro al raggiungimento dei 62 anni di età con il versamento di 35 anni di contributi con l'applicazione di alcune penalità decrescenti a partire da una soglia dell'8 percento. Queste penalizzazioni si annullerebbero al raggiungimento del 66esimo anno di età.

Damiano propone un anticipo di 4 anni rispetto all'attuale normativa in vigore per consentire la cosiddetta 'staffetta generazionale'

Questo provvedimento concederebbe un anticipo di almeno 4 anni rispetto a quanto previsto dall'attuale normativa allo scopo di favorire la cosiddetta 'staffetta generazionale'. Alcune fonti vicine al Governo hanno specificato, così come riportato sul sito pensionioggi.it, che l'esecutivo avrebbe intenzione di aumentare la penalità di un ulteriore 3 percento. Questo significa che, se dovesse passare questa normativa, i lavoratori che lasceranno il lavoro a 62 anni con 35 di contributi sarebbero assoggettati ad una penalità, non più dell'8 percento, bensì dell'11 percento.

Più plausibile l'ipotesi di abbassare l'età pensionabile a 62 anni con 35 di contributi con l'applicazione delle penalizzazioni

Da evidenziare che questa decurtazione interesserà solamente la parte retributiva del trattamento pensionistico e, quindi, intaccherà maggiormente gli importi degli assegni dei lavoratori più anziani. Questo significa che la penalizzazione sarebbe assente per tutti quei lavoratori che sono stati assunti dopo il 31 dicembre del 1995, dato che il loro assegno sarà calcolato completamente con il metodo contributivo. Un'altra ipotesi che ha provocato divergenze a livello politico è quella del ricalcolo contributivo. In realtà, questa idea comporterebbe meno spese per le casse dello Stato, oltre ad essere più equa dato che legherebbe l'importo dell'assegno alla quantità di contributi versati.