Fino a qualche giorno fa, se una sicurezza c’era nel confuso universo della previdenza italiana, era la questione dell’opzione donna e della settima salvaguardia esodati. Due spinose questioni che per la loro urgenza erano state tirate fuori dalla futura Legge di Stabilità per approvarle e renderle subito attuative con un intervento isolato da parte del Governo. Sembrava che si fosse già trovato un accordo e che tra i primi interventi del Governo, alla ripresa dei lavori alla Camera del 9 settembre, l’approvazione di questi due provvedimenti fosse solo una pura formalità.
Invece oggi si è bloccato tutto, anzi sembra che ci sia stato proprio un dietrofront in Commissione.
Cosa è successo nella giornata odierna?
In una seduta svoltasi oggi 9 settembre in Commissione Lavoro, si è lavorato come detto su opzione donna e settima salvaguardia. Presenti oltre ai membri della Commissione, anche rappresentanti del Ministero del Tesoro, del Lavoro, membri della Ragioneria di Stato e dell’INPS. Sta di fatto che dalla riunione sarebbe uscita come si dice, una fumata grigia, i provvedimenti non sono passati, anzi. I soldi per coprire queste due manovre non ci sono e quelli che ci sono, per esempio ne Fondo di solidarietà, non possono essere usati, questo in sintesi il frutto dell’incontro.
Damiano si è detto allibito da questo blocco, e come dargli torto visto che si rischia di lasciare molti cittadini, senza pensione né lavoro e molte donne che nonostante siano al lavoro da 35 anni, senza pensione.
Ma non erano interventi autofinanziati?
Per Damiano e per i “tifosi” di queste due iniziative le due manovre non costerebbero molto al Governo, anzi sarebbero quasi autofinanziate.
Per l’INPS, i ragionieri di Stato e per il Tesoro invece, nel lungo periodo questi interventi porterebbero un deficit nelle casse statali di oltre 2 miliardi. Damiano è intervenuto dicendo che il fondo per la salvaguardia era un fondo creato ad hoc per permettere al Governo di aiutare più esodati possibile. Oggi si è apertamente dichiarato che la parte di fondo non utilizzati per le altre salvaguardie ( si parla di 500 milioni di euro), non serviranno per aiutare altri esodati, ma essendo inutilizzati verranno torneranno nelle casse statali.
Inoltre la cosiddetta opzione donna, che consentirebbe di uscire dal lavoro alle donne con 35 anni di lavoro e 57 di età, se raggiunti entro il 31 dicembre 2015, era a spese delle future pensionate. L’intervento prevede che chi accetti di uscire sfruttando l’opzione donna, accetti anche che la pensione sia calcolata interamente con il penalizzante metodo contributivo. Per Damiano, calcoli alla mano, la decurtazione di assegno che accetterebbero le donne pur di uscire dal lavoro, nel lungo periodo non porterebbe costi all’erario, anzi porterebbe risparmi ingenti.