Nella Legge di Stabilità del 2016, quella in vigore dal 1° gennaio, il tema caldo delle Pensioni fu soltanto sfiorato. In altri termini, nessun provvedimento per quanto concerne la riforma delle pensioni e la flessibilità in uscita furono introdotti. Ci furono solo dei piccoli interventi che a dire il vero stanno diventando tutti operativi, come per esempio opzione donna e settima salvaguardia.

Una novità era anche il cosiddetto part-time pensione, una specie di “premio” concesso ai lavoratori che si trovavano a 3 anni dal raggiungimento dell’età pensionabile. Il Ministro Poletti, con la sottoscrizione del decreto attuativo a dato il via a questa autentica novità del sistema previdenziale italiano.

Part-time pensione, cos’è?

Lavorare di meno, senza perdere stipendio e senza perdere contributi utili al calcolo della futura pensione. Questo in sintesi il principio previsto dal part-time pensione, che di fatto permetterebbe a determinati lavoratori, di lavorare ad orario ridotto negli ultimi tre anni di lavoro che devono completare, prima di raggiungere l’età pensionabile prevista per la pensione di vecchiaia Inps.

Il datore di lavoro erogherebbe in busta paga al lavoratore, una somma equivalente a quella che lo stesso datore risparmia dal punto di vista contributivo, perché verserà all’INPS meno contributi per il suo dipendente, in virtù del diminuito orario di lavoro. L’INPS dal canto suo, coprirebbe il buco contributivo, cioè il minor versamento a nome del lavoratore e futuro pensionato, garantendo le mancate ore di lavoro con contribuzione figurativa.

Questa in sintesi la forma della novità previdenziale che adesso aspetta solo il benestare della Corte dei Conti per poter essere richiesta dai lavoratori. L’obiettivo del provvedimento è agevolare soggetti di una certa età che probabilmente sono stanchi di lavorare a tempo pieno ed allo stesso tempo, di agevolare un minimo di turn over lavorativo.

Infatti si da per scontato che le ore di lavoro che rimarranno scoperte in una azienda, dovrebbero essere coperte dall’assunzione di nuovi dipendenti part-time, probabilmente giovani.

Soggetti beneficiari, esclusi e prime note negative

Il provvedimento è opzionale, cioè può essere richiesto dal lavoratore di comune accordo con la ditta per la quale egli lavora. Quindi è il lavoratore a scegliere sempre con il consenso del datore di lavoro. La possibilità è offerta solo a lavoratori del settore privato, quindi sono esclusi quelli statali e del Pubblico Impiego. Necessario avere già 20 anni di contributi versati ed essere a meno 3 anni dai 66 e 7 mesi necessari per raggiungere il requisito per la pensione di vecchiaia.

Tutti coloro quindi che si trovano con una certa anzianità contributiva già oggi e che raggiungono l’età necessaria entro il 31 dicembre 2018 possono optare per questa riduzione di orario. Soggetti che rischiano di essere esclusi da questa possibilità sono molte donne lavoratrici. A gridare l’allarme è la UIL, uno dei tre grandi sindacati nazionali che sottolinea come, la differenza di età necessaria per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne, almeno fino al 2018 quando già è previsto che venga uniformata, penalizzerebbe per l’ennesima volta le lavoratrici femminili. Infatti, le nate nel 1953, raggiungerebbero il requisito per la pensione oltre il 31 dicembre 2018 e sarebbero escluse e penalizzate doppiamente visto che quelle nate nel 1951 e 1952, sono già in pensione o ci andranno quest’anno a 64 anni.