La flessibilità in uscita, la riforma del sistema previdenziale e la cancellazione della severa Legge Fornero, sono sempre al centro della discussione politica italiana, ma ormai, il pessimismo nei cittadini è ampiamente diffuso. Le speranze che nel corso dell’anno, qualcosa cambi sembrano ormai difficilissime, e la conferma della completa assenza di stanziamenti nel DEF, sembra confermarne lo scetticismo. Non possono bastare il part-time pensione che secondo Poletti interesserà 30mila lavoratori o il fatto che lo stesso Ministro dia al 51% la probabilità che la riforma entri nella Legge di Stabilità 2017.
La realtà sembra spingere da tutt’altra parte, tanto è vero che in un recente intervento, il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, chiede al Governo maggiore attenzione per alcune vicende delicate del sistema previdenziale.
Ennesima beffa in arrivo per le donne?
Sulla pensione anticipata per le donne, le parole si sono sprecate, ma ancora per il 2016, alle lavoratrici è consentito di andare in pensione anticipata un anno prima degli uomini. Infatti, se un lavoratore di sesso maschile, può lasciare il lavoro senza tener conto della sua età anagrafica al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di lavoro, per le donne, la soglia di versamenti necessaria è di 41 e 10 mesi. Su questo punto, l’Italia ha avuto già una ammonizione dalla Unione Europea secondo la quale, non ci deve essere distinzione di genere per la pensione, cioè che per maschi e femmine, l’uscita deve essere la medesima.
Lo scorso novembre la UE ha ufficialmente chiesto al Governo di sistemare questa anomalia esclusivamente italiana. In definitiva, le vie di uscita per il Governo sono due, cioè alzare anche per le donne le soglie e portarle alla pari degli uomini, o fare l’esatto contrario, abbassare le soglie degli uomini. La seconda ipotesi è quantomeno difficile e su questo c’è da registrare un intervento di Damiano che chiede al Governo di non penalizzare di nuovo le donne, tenendo in considerazione tutto l’apparato normativo italiano che si differenzia con il resto dei paesi comunitari perché non prevede copertura pensionistica per il lavoro di cura che molte donne svolgono.
Pessimismo dilagante
In passato, sempre per via di richiami all’ordine da parte di Bruxelles, i Governi hanno sempre optato per l’innalzamento dei requisiti rispetto ad un più giusto livellamento verso il basso tra uomini e donne. Basti pensare che proprio la riforma Fornero portò anche per le donne del pubblico impiego, l’età per la pensione a 66 anni come era per gli uomini.
Difficile credere che adesso, il Governo Renzi operi in controtendenza con il modus operandi solito ed il rischio che le donne vengano nuovamente penalizzate è assai concreto, a meno che l’Italia non abbia soluzioni convincenti da proporre come alternative alla UE. Il fatto che molte donne, vuoi per la necessità di lavorare anche a casa, per la crescita dei figli o per altri motivi oggettivi, non sempre riesce a lavorare con la continuità dei colleghi maschi è evidente. Per Damiano non sarebbe giusto equiparare le carriere di maschi e femmine per la pensione anticipata. Nel caos generale della riforma che non si riesce a fare, per Damiano un’altra situazione che il Governo rischia di sottovalutare è quella dei nati nel 1952 che devono poter uscire con le regole ante Fornero, quindi a 64 anni anche se al 28 dicembre 2011 erano senza lavoro. Anche in questo caso non si può penalizzare, per una questione di conti pubblici, due volte i lavoratori già vessati dalla perdita di occupazione.