Parliamo di bullismo e di un studio, non proprio recente, del 2014, che illustra alcuni dati di questa problematica presente nella nostra società e all'interno delle scuole italiane. Stranamente a quanto si possa pensare, i dati parlano del Nord Italia come la zona in cui si acuisce di più il problema del bullismo e la fascia d’età che maggiormente risente di questa patologica realtà sociale è quella compresa tra gli 11 e i 17 anni. Dallo studio si evince anche che il 57% degli studenti ha subito, almeno una volta, un sopruso o un atteggiamento assimilabile ad atti di bullismo.
Famiglia Cristiana, tra le pagine del suo quotidiano online, racconta questo fenomeno molto diffuso in Italia e spiega, compiutamente, come e dove si manifesta rispetto a tutto il territorio nazionale.
Chi vive in famiglie numerose e chi ha molte amicizie sarebbe immune a questo problema
Tra i rimedi e le soluzioni rispetto a questo atroce atteggiamento si parla più specificatamente di quei soggetti che subiscono raramente tali soprusi. Si elencano le cause e le motivazioni ed in particolare si scopre che i soggetti immuni a tale fenomeno sono coloro che vivono in famiglie abbastanza numerose e che possiedono una vasta cerchia di amicizie. Questo spiega, infatti, che uno dei motivi principali per i quali si è presi di mira dai cosiddetti bulli è, appunto, la condizione di solitudine e la mancanza di integrazione di alcuni studenti all'interno del gruppo classe, i quali spesso vivono una condizione di disagio anche tra i banchi di Scuola.
Lo studio si sofferma molto sull'importanza della socializzazione e dei luoghi protesi a determinare tali condizioni. Per esempio si parla tanto degli Oratori, i quali hanno rappresentato, per lungo tempo, un buon deterrente per scongiurare episodi riconducibili al fenomeno oggetto di questo articolo. Negli ultimi anni, quello che manca nella società moderna e contemporanea sono proprio gli spazi di convivialità e di socializzazione.
Tali spazi sono divenuti, purtroppo, sempre piùvirtuali e questa tendenza ha comportato l’acuirsi di questi atteggiamenti.
Lo studio poi entra nel merito e nella sostanza degli atti più diffusi e si scopre che le parolacce, le offese (uso di soprannomi o nomignoli) e le prese in giro (riguardanti spesso il proprio aspetto fisico) rappresentano, maggiormente, quelle modalità per cui spesso si finisce per litigare anche in maniera violenta fino ad essere costretti a ricorrere alle cure mediche.
Alla fine – sempre secondo la statistica del 2014 - l’unico rimedio, per i soggetti più vessati, diventa quello di rivolgersi alla propria famiglia mettendola al corrente di quanto accaduto e ponendo fine a queste continue torture, non solo fisiche, ma sempre piùpsicologiche.
Troppo silenzio tra gli insegnanti: non si ha il coraggio di denunciare quei casi di bullismo conclamato
Ma al di là delle statistiche e dei report, noi ci chiediamo cosa possa fare di concreto la Scuola, in qualità di istituzione sociale. Anche dal punto di vista dell’insegnante, in qualità di organo di vigilanza, di ultima 'vedetta' e come rappresentante delle istituzioni. In particolare, se un docenteassiste ripetutamente ad atteggiamenti violenti da parte dello stesso alunno, perpetrati ai danni di un altro alunno più indifeso, può denunciarlo personalmente?
Secondo noi diventa un obbligo, non solo dal punto di vista legislativo, ma, soprattutto, anche dal punto di vista morale. Spesso però si tenta di scongiurare questa problematica, delegando tale azioneesclusivamente alla parte lesa ed offesa.