Spesso, camminando per strade extraurbane, a piedi o in automobile, ci si imbatte in roghi simili a piccoli incendi. Parlare di incendi è un puro eufemismo, perché sono azioni assolutamente controllate da operatori in agricoltura. Si tratta della bruciatura dei rami provenienti dalla potatura degli alberi, o di altri residui di attività agricole. Una pratica che fino a qualche anno fa era legale, ma che oggi è duramente punita per Legge.

La Legge punisce la pratica

Già il fumo cacciato dalla bruciatura delle ramaglie, non deve superare livelli di intollerabilità. Infatti, il Codice Civile punisce il proprietario di un terreno agricolo che nel corso dell’operazione bruciatura rami, lascia andare troppo fumo (intollerabile) nel terreno di un suo confinante. Anche se è una pratica sporadica e saltuaria, questo evento potrebbe dare diritto al confinante di avviare una pratica di risarcimento danni, con ottime possibilità di vincerla. Se dal punto di vista civile, la bruciatura dei rami lascia alle due parti in contrasto, cioè i sue confinanti, la libertà o facoltà di adire alle vie legali, dal punto di vista penale, la situazione peggiora drasticamente.

Esiste il reato di combustione illecita dei rifiuti, pertanto, anche i rami degli alberi, o i residui dei disboscamenti e l’erba secca, rientrano tra rifiuti da smaltire in un certo modo. Prosegue l’iniziativa legislativa partita per sedare il fenomeno che in Campania, nella cosiddetta “Terra dei Fuochi” ha messo in luce gravi reati contro l’Ambiente. Appiccare il fuoco in aree non autorizzate viene punito anche con il carcere da 2 a 5 anni. Multe tra i 300 ed i 3.000 euro per chi brucia rifiuti provenienti da aree verdi, da parchi o dai cimiteri.

Come evitare le dure sanzioni

Fino a poco tempo fa, le norme lasciavano facoltà ai comuni di deliberare in materia. La risposta più classica e più utilizzata dai sindaci, era vietare questa pratica in determinati periodi dell’anno, nella maggior parte dei casi, quelli più caldi, dove il rischio che un piccolo rogo si scateni in un vero incendio appariva maggiore.

In materia, sono numerose le sentenze sopraggiunte, dalla Cassazione fino alla Corte Costituzionale. Oggi, la Legge ammette di dare fuoco alle carogne o alcuni rifiuti agricoli che vengono riutilizzati come concimi. La Cassazione ha eliminato i rami secchi da questi materiali utili a concimare i terreni. Questo, a meno che tali materiali non vengano riutilizzati per produrre, per esempio energia con le biomasse. Dalle conferenze Stato-Regioni si è arrivati ad una differenziazione di competenze, con le norme nazionali che si affiancano alle direttive locali. In pratica, le norme regionali possono gestire il modo di interpretare quelle nazionali, ma non possono andarci contro. In sostanza, bruciare le sterpaglie è pratica lecita se non va in contrapposizione con le normali norme della propria Regione, norme fatte in linea con le direttive nazionali.

In termini pratici, bruciare quotidianamente, piccole quantità di questi residui (3 metri di sterpaglie per ettaro, in linea di massima), non farebbe scattare le pesanti sanzioni di cui parlavamo prima.