Senza pace la previdenza italiana, con ripetute e continue polemiche su quello che andrebbe fatto per le Pensioni e quello che non si può fare. La partita è ancora aperta, almeno fino a quando non sarà tutto chiaro con la ormai imminente Legge di Bilancio. Solo nel grande contenitore della manovra finanziaria potranno entrare nuove norme previdenziali, in un nuovo pacchetto pensioni da inserire nella Legge di Bilancio, come accadde lo scorso anno quando si crearono Ape e quota 41. Tutto ancora possibile dunque, con due schieramenti ormai evidenti, tra possibilisti e scettici rispetto ad una riforma che però, per tutti o quasi appare necessaria.
Ma davvero i conti pubblici verrebbero messi a rischio a interventi come il blocco dell’aspettativa di vita? davvero la spesa per le pensioni è così elevata per le casse dello Stato, da non potersi permettere nessun cambiamento?
Pensione a 67 anni nel 2019, ma non solo
Un evento che più giorni passano e più probabile appare è l’innalzamento di 5 mesi dei requisiti di accesso alle pensioni a partire dal 2019. Si passerà a 67 anni esatti per uomini e donne quando sarà da richiedere la pensione di vecchiaia e a 43 anni e 3 mesi di contributi per le pensioni di anzianità, quelle slegate dall’età anagrafica e collegate esclusivamente ai contributi versati durante la vita lavorativa. Da tempo la Ragioneria Generale dello Stato ha ribadito il concetto che sia pericoloso bloccare questi scatti per via del surplus di spesa che lo Stato dovrebbe sostenere per pagare le pensioni qualche mese prima di quanto messo in previsione a partire dalla riforma Fornero.
Dall’Unione Europea infatti, sono continue le imposizioni che vogliono una riduzione della spesa pubblica e le pensioni sono tra queste. Un risparmio sul quale lo Stato conta proprio perché la previsione era di innalzare la pensione dal 2019. Un trend che continuerà ogni biennio, con lo scenario che entro il 2040 si arriverà alla cifra tonda di 70 anni per la pensione di vecchiaia.
Un concetto ribadito anche dal Presidente dell’Inps Boeri, per il quale, bloccare gli aumenti in termini di requisiti di accesso, provocherebbe nella migliore delle ipotesi, un taglio alle pensioni già in essere o al blocco del pagamento degli assegni pensionistici da parte dell’Inps. La sostenibilità del sistema sarebbe messa a rischio da un provvedimento di questo tipo e diversi quotidiani, tra i quali la Stampa ed il Giornale, oggi sottolineano come anche la Banca d’Italia e la Corte dei Conti siano sulla stessa lunghezza d’onda.
Parere espresso dai rappresentanti di queste due Istituzioni, durante le audizioni in Parlamento, per il DEF, il Documento di Economia e Finanza.
Alcune cose non sembrano vere
Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, soggetto che da anni fa parte di quelli che cercano di riformare o correggere il sistema pensionistico vessato dalla Fornero, continua a pensarla in maniera diversa sul tema aspettativa di vita. Nel commentare quanto fuoriuscito dalle audizioni al DEF, Damiano contesta la presa di posizione di Bankitalia e Corte dei Conti. In primo luogo, così come ribadito anche dai sindacati, l’aspettativa di vita dovrebbe tenere conto di fattori diversi quali la tipologia di lavoro.
Per Damiano, va considerato il dato dell’Istat secondo il quale nel 2015 l’aspettativa di vita per la prima volta, risulta negativa. In pratica, nel 2015 si è avuta una riduzione della vita media degli italiani e sembra che per il 2017, la situazione non cambierà. In pratica, l’aumento della vita media degli italiani non sta aumentando e non può essere adottata a scusante per confermare l’innalzamento dell’età pensionabile previsto dal Governo Monti. Ecco perché anche la Commissione Lavoro chiede il congelamento di questo meccanismo che dovrebbe essere confermato da Decreto Ministeriale entro il 2017. Damiano contesta anche i dati economici collegati alla spesa che lo Stato sostiene per le pensioni.
Lo Stato, secondo i dati dei ragionieri del Governo, spende per le pensioni una cifra pari al 16% del Prodotto Interno Lordo, una cifra spropositata che Bruxelles chiede di ridurre. Per Damiano invece, la spesa sarebbe intorno al 12% perché nei dati del Governo vengono inserite anche le tasse che gli italiani pagano sulle pensioni e che di fatto tornano indietro allo Stato, o le spese per l’assistenza che nulla centrano con le pensioni. Va rammentato inoltre che l’operazione di riforma della Fornero, senza ulteriori inasprimenti, porterebbe 900 miliardi di risparmi fino al 2050. Per il Presidente potrebbe bastare senza dover necessariamente vessare ancora i lavoratori.