Qualche giorno fa in rete, sui media e tra i lavoratori la vicenda del rinnovo contratto dipendenti pubblici è tornata di stretta attualità. Un incontro tra Aran e sindacati che di fatto ha rilanciato il tavolo tecnico che dovrebbe portare al rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici ha fatto trapelare una novità molto importante per i dipendenti statali in attesa dello sblocco del contratto. Infatti pare che l’adeguamento degli stipendi dopo lo sblocco del contratto, come prevede la manovra finanziaria in questi giorni alle Camere per la sua approvazione, potrebbe fare capolino a gennaio 2018.

In definitiva, i lavoratori già nel primo mese di gennaio potrebbero ottenere i tanto agognati aumenti di stipendio e soprattutto le cifre arretrate per gli anni di blocco che la Corte Costituzionale ha definito illegittimi. Gli arretrati secondo il programma del Governo dovrebbero essere intorno alle 500 euro a testa come cifra una tantum, cioè erogata in unica soluzione ed a copertura unica e totale di quanto avanzato dai dipendenti. Per quanto riguarda le cifre di aumento si parte sempre dalle ormai celeberrime 85 euro cadauno, anche se va considerato come esse siano lorde. Tutto ciò non basta perché ai lavoratori, vessati da un blocco dello stipendio rispetto all’inflazione che dura da 8 anni, spettano un indennizzo ed un risarcimento, due istituti diversi ma che sono entrambi diritti spettanti ai lavoratori.

Blocco che dura dal 2010

La Corte Costituzionale nel luglio 2015 definì incostituzionale il blocco della perequazione per gli stipendi dei lavoratori pubblici nel 2012 e 2013. Un sacrificio vero e proprio chiesto dal Governo Monti a questa categoria di lavoratori fino ad allora considerata tra quelle privilegiate. La Consulta in pratica bocciò la Legge Fornero, che per il blocco applicato andò in violazione della Legge che considera l’adeguamento annuale degli stipendi dei dipendenti pubblici al tasso di inflazione come obbligatorio.

Va precisato che nulla di illecito è stato fatto perché una Legge del 2010 impose il blocco alla contrattazione collettiva per i lavoratori statali. L’illegittimità è il mancato sblocco fino ad oggi nonostante la sentenza della Corte Costituzionale perché questa di fatto ha cancellato la norma che i Governi avevano utilizzato a giustificare il blocco.

L’anno importante è il 2015 perché è dall’avvenuta sentenza che parte l’eventuale risarcimento che i lavoratori possono chiedere al Governo. Il risarcimento infatti è quanto spettante per un atto illecito da parte dell’esecutivo perché il mancato sblocco del contratto non può non essere considerato che un atto illecito, basato su una norma che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima. Ecco perché qualsiasi sia la cifra di aumento che arriverà a gennaio, l’una tantum da 500 euro per gli anni 2016 e 2017 in cui si doveva aver già provveduto a sbloccare i contratti, non può essere sufficiente.

Non si può parlare di risarcimento per gli anni precedenti al 2015, ma…

Come dicevamo, la non legalità dell’operato dei Governi riguarda il fatto che non si sia ancora provveduto allo sblocco.

Per quanto concerne gli anni precedenti la sentenza, i Governi avevano operato in assoluta legittimità perché era la Legge che lo consentiva. In pratica per gli anni addietro non si può richiedere un risarcimento, bensì un indennizzo che riguarda un atto lecito del Governo in base ad una legge che nel 2015 la Consulta ha cancellato. Un blocco di 8 anni per il quale adesso i lavoratori statali tutti, possono chiedere un indennizzo per tutto quanto perduto negli anni addietro, non soltanto per gli ultimi 2 anni e soprattutto non sanabile con le 400/500 euro di cui si parla tanto. Ricapitolando, va valutata l’inflazione degli anni a partire dal 2010, la perdita di potere di acquisto dello stipendio dei lavoratori ed anche la mancata erogazione dell’indennità di vacanza per gli anni di assenza di contratto.

In pratica, un indennizzo a partire dal 2010 e fino al 30 luglio 2015 ed un risarcimento dal primo settembre 2015 ad oggi, sempre che davvero a gennaio il contratto dei lavoratori pubblici sarà davvero rinnovato. Il Ministro della Funzione Pubblica ci crede e spinge all’ottimismo, ma per fare ciò è necessario l’accordo dei sindacati alla proposta che arriverà dall’Aran, l’Agenzia incaricata dal Ministero di trattare con le parti sociali. Un accordo che oggi, soprattutto per quanto dicevamo prima non sembra facile da trovare e che se mai fosse sottoscritto alle condizioni imposte dal Governo lascerebbe scontenti e senza la dovuta tutela molti lavoratori.