Ormai appare chiaro che il governo punta tutto sulla ormai famosa quota 100 come misura previdenziale da varare nella prossima legge di Bilancio. Non c’è spazio per altro, pertanto niente quota 41 per tutti i precoci e nemmeno per quelle misure già provate negli ultimi anni e che potevano essere prorogate. Parliamo di opzione donna e Ape sociale, due misure che consentono a particolari tipologie di soggetti di accedere ad alcune forme di pensionamento anticipato rispetto alle attuali norme previdenziali basate ancora sulla legge Fornero. Se quota 41, come dichiarato da tempo dai leader dei due partiti di maggioranza, cioè dai vice premier Di Maio e Salvini, sarà una misura su cui lavorare l’anno prossimo per completare il lavoro che inizierà nel 2019 con la quota 100, per opzione donna ed Ape social, tutto lascia presupporre la fine di queste misure.

Al decreto Milleproroghe infatti è stato bocciato un emendamento pervenuto da Fratelli d’Italia che chiedeva la proroga di queste due misure. Ne da notizia via social il primo firmatario della proposta, l’onorevole Walter Rizzetto. Vediamo cosa ha detto il parlamentare e cosa perderanno i lavoratori, come possibilità di uscita dal lavoro, con la cessazione di queste due misure.

L’emendamento bocciato

Il governo Conte per la prima volta ha chiesto la fiducia al parlamento e l’occasione è stata l’approvazione del decreto Milleproroghe. Rizzetto, in video su Facebook, ha presentato il riassunto di quanto avvenuto alla Camera dei Deputati, sottolineando come un emendamento da lui presentato in materia previdenziale non è stato approvato per il suo inserimento nel decreto.

L’emendamento chiedeva la proroga dell’Ape sociale in scadenza a fine 2018 e la riapertura dei termini per opzione donna. Si tratta di due misure che sono molto popolari tra i lavoratori che intendono trovare una via anticipata per lasciare il lavoro. La delusione sui social è tanta proprio perché si tratta di due misure molto importanti.

Le due misure e come funzionano

Prima di tutto, va ricordato come funziona opzione donna. La misura permette alle lavoratrici di lasciare il lavoro, accettando il ricalcolo contributivo delle Pensioni che si percepiscono, con 35 anni di contributi e con una età tra i 57 ed i 58 anni. L’emendamento chiedeva la proroga della misura per le lavoratrici che centravano questi requisiti entro la fine del 2019.

Delusione tra le lavoratrici nate nel 1961 e nel 1962, quelle che sarebbero potute rientrare nel perimetro di applicazione di questa proroga. Come funziona invece l’Ape sociale? La misura, che si applica indistintamente a uomini e donne, è limitata a determinate tipologie di lavoratori. Nata con gli ultimi governi del Partito Democratico, l’Ape sociale o anticipo pensionistico sociale che dir si voglia, consente l’uscita dal lavoro con almeno 63 anni di età e con un numero di anni di contributi variabile a seconda della tipologia del soggetto richiedente. La misura è destinata a disoccupati con tre mesi di assenza di reddito da Naspi, ad invalidi con almeno il 78% di disabilità accertata o a soggetti che hanno invalidi a carico (i cosiddetti caregivers) con la stessa percentuale minima di disabilità accertata.

Per costoro sono necessari 30 anni di contributi versati. Rispetto ad opzione donna, per l’Ape sociale si parla al presente perché la misura è ancora attiva e richiedibile fino alla sua scadenza che ripetiamo, risulta fissata al 31 dicembre 2018. La misura è fruibile anche da chi rientra in una delle 15 categorie di lavoro gravoso previste dalla normativa vigente. Maestre di asilo, edili, camionisti, infermieri delle sale operatorie e facchini, tanto per citare alcune delle più popolari categorie di lavori considerati gravosi in virtù dell’Ape sociale, possono centrare la pensione, sempre a 63 anni, ma con almeno 36 anni di contributi.

Walter Rizzetto, nel suo intervento su Facebook, ha sedato in parte la delusione confermando come l’emendamento sarà riproposto per la legge di Bilancio, anche se le possibilità di un passo indietro da parte dell’esecutivo sono ridotte al lumicino.

Le dotazioni della manovra finanziaria (30 miliardi), non permettono voli pindarici. Poco meno della metà del costo globale della manovra sarà speso per scongiurare l’aumento dell’Iva, mentre l’altra metà sarà divisa tra flat tax, reddito/pensione di cittadinanza e quota 100. Evidente che proprio sull’altare della pensione con quota 100 verranno sacrificate le due misure. Molti dovranno fare i conti con questa forma di penalizzazione, perché se davvero quota 100 nascerà come si ipotizza, cioè a 64 anni di età come soglia minima di uscita, il confronto con le due misure prima citate prevede un allontanamento della pensione. A meno che la proposta che Salvini ha pubblicizzato l’11 settembre scorso durante la trasmissione “Porta a Porta”, non venga accettata. In quel caso, per quota 100 basteranno 62 anni e almeno rispetto all’Ape sociale si tratta di un miglioramento.