La manovra finanziaria per ottenere il via libera della Ue deve ridurre il deficit dal 2,4 al 2,04%. Nelle ultime ore l’esecutivo Conte sembra orientato ad assecondare quanto richiesto da parte della Commissione Europea che ha minacciato sanzioni contro l’Italia in assenza di un adeguamento della legge di Bilancio alle sue direttive. Le misure del governo che tanto hanno fatto discutere e che probabilmente, sono quelle che meno piacciono alla Ue restano reddito di cittadinanza e quota 100. Entrambe le misure però partiranno lo stesso, ma è inevitabile che saranno ritoccate alla luce di questa riduzione di danaro della manovra finanziaria.
Ecco perché come riportano i più autorevoli quotidiani italiani, come Repubblica, la quota 100 sarà in versione più leggera di quanto ci si aspettasse, con una platea di beneficiari assai ridotta rispetto alle stime iniziali. Chi rientra in quota 100 e come si andrà in pensione nel 2019 per coloro che non possono o non vogliono optare per il nuovo canale di uscita è domanda che oggi molti si pongono. Ecco come funzionerà quota 100, i numeri dei potenziali neo pensionati e quali altre misure si potranno sfruttare ne 2019 per lasciare il lavoro.
Finestre, vincoli e platea potenziale di 350mila soggetti
Quota 100 per tutti, così recitava quello che è rimasto solo uno slogan di campagna elettorale da parte della Lega del Vice Premier Salvini.
Solo la struttura della misura rispecchia l’idea originaria, con la pensione che si centra quando somma di età anagrafica e contributi versati da 100. Per ridurre l’impatto dal punto di vista dei conti dello Stato, nella misura sono insiti diversi paletti atti a limitare il danno. Servono almeno 62 anni di età ed almeno 38 di contributi.
Due vincoli che di fatto tagliano subito fuori soggetti più giovani e per coloro che hanno età più avanzata, spostano il limite a quote più alte, come la 101 per i 63+38 o la 102 per i 64+38. La misura inoltre prevede le finestre mobili, con tre mesi di attesa per i lavoratori privati per vedersi accreditare il primo rateo di pensione a partire dal giorno in cui si raggiungono i requisiti.
Per gli statali attesa anche più lunga, cioè di 6 mesi. Paletti, vincoli e norme che nell’intenzione di chi sta scrivendo il decreto devono essere deterrenti alle potenziali domande di pensione con quota 100. Secondo Repubblica, nel 2019 lasceranno il lavoro 315mila soggetti con la nuova misura (su 350mila potenziali destinatari) e quasi la metà nel Pubblico Impiego. La spesa in più per il primo anno sarà di circa 4,7 miliardi, meno dei 6,7 stanziati inizialmente per il pacchetto pensioni nella manovra di Bilancio.
Restano altre vie per le pensioni
Nel 2019 pertanto, la quota 100 avrà impatto limitato come spesa extra per la previdenza e di conseguenza, come numero di pensionati che sceglieranno il nuovo canale di uscita.
Anche il fatto che sia inserito il divieto di cumulo di altri redditi, dalla data di uscita con quota 100 al compimento dei 67 anni, funge da inevitabile deterrente. Si potranno cumulare con la pensione da quotisti, solo redditi da lavoro autonomo saltuari, fino al tetto massimo di 5.000 euro. Per chi non rientra in quota 100 il sistema lascia in pista altre vie di uscita dal lavoro. In linea generale ci sono 5 opzioni pensionistiche da poter centrare e quindi sfruttare. Prima di tutto i due pilastri del sistema, la pensione di vecchiaia e quella anticipata. Per la prima, nel 2019 sarà necessario completare 20 anni di contribuzione versata e 67 anni di età. Questo indipendentemente se uomini o donne con un aumento di 5 mesi per via dell’aspettativa di vita (fino al 31 dicembre 2018 l’età stabilita era a 66 anni e 7 mesi).
Le Pensioni anticipate dovrebbero essere salvaguardate dagli inasprimenti dell’aspettativa di vita ma dovrebbero allo stesso tempo collegate al meccanismo per finestra di uscita. Si andrà in pensione con 42 anni e 10 mesi di lavoro se il richiedente è maschio e 41 anni e 10 mesi se il richiedente è donna. Requisiti congelati a quelli attuali pertanto, ma il sistema finestre farà comunque slittare la decorrenza della pensione di 3 mesi. Anche l’Ape Sociale sarà opzione valida nel 2019 dopo le conferme sulla sua proroga oltre la sua scadenza fissata per la fine del 2018. Si può accedere all’Ape sociale con almeno 63 anni ma bisogna essere disoccupati, invalidi o caregivers ed avere 30 anni di contributi versati.
Ne servono 36 invece per chi rientra tra le 15 categorie di lavoro gravoso, altra fattispecie di soggetti a cui è destinata l’Ape Sociale. Per le donne rispunta opzione donna, misura già sperimentata anni fa e adesso riattivata. Si lascia il lavoro con pensione calcolata con il penalizzante metodo contribuivo (anche il 30% di perdite di assegno), all’età di 58 anni e con 35 di contributi versati. Infine, per le stesse categorie di soggetti a cui si applica il regime dell’Ape sociale, ci sarebbe quota 41 per i precoci. Bisogna aver raggiunto 41 anni di contributi versati dei quali almeno uno prima dei 19 anni, anche se non continuo.