Le Pensioni anticipate con uscita a quota 100 cambieranno e i requisiti di uscita saliranno fino a determinare la nuova quota 103. E' questa la previsione del Corriere della Sera che prende spunto dalle indicazioni del nuovo Governo che si prepara, per l'appunto, ad attuare dei correttivi nelle pensioni a quota 100 che possano evitare lo scalino delle uscite a partire dal 2022 con il termine della sperimentazione della misura a fine 2021.

Tuttavia, le alternative di uscita con le formule di pensione anticipata non mancano. Sono almeno dodici, infatti, le "vie di fuga" che sono state individuate da Marina Calderone, Presidente dei Consulenti del Lavoro. "Più che di una riforma delle pensioni - ha affermato la Calderone - si tratterà di attuare interventi mirati, tecnicamente ben programmati, che possano andare a soddisfare le esigenze di pensionamento dei lavoratori con la solidità del bilancio dello Stato". E le alternative non mancano: una delle più richieste rimane quella dei precoci con quota 41 (oltre 36 mila pensionamenti finora dall'inizio della sperimentazione) ma, rispetto alla normativa attuale, slegata da vincoli e requisiti particolari e valida per tutti e a qualunque età.

L'abbandono, per il momento, della "quota 41 per tutti" che avrebbe dovuto prendere il posto di quota 100 dal 2022 nelle intenzioni di Matteo Salvini, avvalora le altre misure esistenti, tra le quali l'Ape social e l'opzione donna.

Riforma pensioni anticipate, ultime novità di oggi su correttivi quota 100 e ipotesi aumento età-contributi

Dunque, la riforma delle pensioni anticipate a quota 100 non dovrebbe causare uno sconvolgimento tra le varie possibilità di uscita prima da lavoro. Piuttosto si potrebbe puntare a valorizzare strumenti di pensione anticipata già in vigore (e che lo saranno anche nel 2020) che garantiscono la flessibilità in uscita come l'opzione donna o l'Ape social. L'impatto della quota 100 nel panorama delle pensioni italiane, tuttavia, è stato finora decisivo nel tentativo di superamento della riforma Fornero, ma non esclusivo.

Secondo i calcoli de Il Sole 24 Ore, infatti, nei sette anni successivi alla riforma Fornero (dal 2012 al primo semestre del 2019) i pensionamenti anticipati flessibili (compresa la quota 100) hanno permesso a 364 mila lavoratori di lasciare prima il lavoro. Numeri che, in ogni modo, sono solo una ridotta parte dei pensionamenti, appena il 16 per cento del totale, comprendendo le due formule principali di pensione di vecchiaia e di pensione anticipata con la maturazione dei contributi per 42 anni e dieci mesi. Fino a fine giugno, la quota 100 ha garantito la pensione anticipata a 94.777 lavoratori del settore privato (circa 114 mila a settembre, comprendendo anche gli statali) con una spesa pro-capite (a carico dello Stato) di oltre 48 mila euro.

Non è, in questi termini, la misura più costosa se è vero che gli usuranti (112.515 euro), le salvaguardie degli esodati (63.625) e l'opzione donna (63.625) sono costate mediamente di più, anche dei precoci con quota 41 che hanno pesato per 36.500 euro a pensionato.

Pensioni anticipate: riforma quota 100 ma anche opzione donna, precoci quota 41 e Ape social dal 2020

Dunque, le alternative alle pensioni anticipate a una quota 100 che potrebbe richiedere requisiti di uscita più gravosi esistono e, nelle idee di riforma delle pensioni del Governo, potrebbero essere rafforzate rappresentando quella flessibilità più volte richiesta in base alle individuali situazione previdenziali e socio-economiche dei lavoratori.

Tra le misure pensionistiche di flessibilità che sono state introdotte dai vari governi dopo la riforma delle pensioni di Fornero, quella che ha avuto maggiore domanda (ad eccezione delle varie leggi di Salvaguardia) è stata l'Ape social che ha garantito oltre 50 mila pensionamenti anticipati con una spesa pro-capite di 34.576 euro. Molto più costosa è stata l'opzione donna con gli oltre 60 mila euro di risorse stanziati dai governi per l'uscita di più di 38 mila lavoratrici e nonostante la necessità che il pensionamento anticipato comporti il vedersi tagliata la propria pensione fino al 30 per cento accettando il ricalcolo contributivo. Proprio il ricalcolo dell'assegno mensile rappresenta la nuova possibilità di uscita flessibile dei lavoratori: tra le varie ipotesi di riforma della quota 100 e, in generale delle pensioni, c'è proprio quella di rinunciare ad una percentuale variabile (i calcoli più ottimistici parlano di un 6%) del futuro assegno di pensione in cambio della scelta di uscire da lavoro dai 62-63 anni ai 70.