I grillini, così conosciuti nella nomenclatura mainstream, sono perennemente al centro della cronaca politica. La loro azione viene associata ad una sola parola: No. Un no su qualsiasi proposta, un'opposizione volgare, deleteria, fine a se stessa. Ma è davvero così ? È tutto riconducibile ad un no? Un'analisi più attenta porta a focalizzarci sui mass media e su come descrivono il lavoro dei pentastellati.

Innanzitutto partiamo dalla figura di Beppe Grillo: sul piccolo schermo appare come un agitatore di folle, un matto che sbraita, un'immagine a risoluzione scadente, piena di pixel, con un audio metallico che ricorda un pessimo film di fantascienza.

Non si analizza mai il contenuto dei suoi discorsi ma si estrapola quasi sempre un'invettiva. A corollario del servizio, in nome del contradditorio, si susseguono le litanie del politico di turno pronunciate in maniera istituzionale, ad alta risoluzione: un dualismo chiaro tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.

Chi fa Televisione, e più in generale chi si occupa di comunicazione, conosce l'importanza di ragionare per frame, di creare nel pubblico una cornice: un meccanismo che fa leva sui valori personali dello spettatore dal quale è difficile uscire. Ad esempio: La protesta dei cinque stelle contro l'uso della "tagliola" è apparsa inammissibile perché usciva dalla cornice del buon senso.

Le informazioni -anche se vere- che escono dai nostri frame sono direttamente catalogate come erronee e vengono implicitamente declassate o ignorate. Portando un esempio concreto il frame può essere considerato una sorta di dogma religioso, è difficile da scardinare e il più delle volte, persino dinnanzi ad evidenze empiriche, difficilmente porterà l'interlocutore a farsi qualche domanda.

Un altro esempio del dualismo giusto-sbagliato, può essere l'intervista di Daria Bignardi ad Alessandro Di Battista andata in onda su La7. L'intervista è stata piuttosto snella, la conduttrice non è mai voluta entrare nel merito della discussione politica, l'ha sempre sfiorata, scelta condivisibile visto il "salotto" in cui si trovavano.

L'obiettivo era quello di far conoscere la persona più che il politico. La nota dolente è stata la caparbietà nel fossilizzarsi sui "trascorsi fascisti del padre". Si può obiettare sullo stile delle domande ma, ad onor del vero, la Bignardi ha riportato una breaking news mettendo il deputato in condizione di rispondere.

L'intervista ad Augias, invece, lascia qualche perplessità. Quando lo scrittore dice: "Mi è sembrato un bravo ragazzo, si vede che è stato catechista e questo spiega la capacità di tradurre tutto in concetti molto semplici" l'intervista fa una sterzata politica, prima volutamente evitata. La tonitruante argomentazione dello scrittore su Grillo e Casaleggio, poi, scardina irrimediabilmente l'intervento precedente in barba a qualunque forma di contraddittorio.

Con ciò si è voluto brevemente evidenziare il ruolo cardine dei mass media, il giudizio politico lo lasciamo ai lettori consapevoli che una persona informata è un cittadino più coscienzioso.