Solo una profondissima scossa interiore può spingere un uomo a dire addio alla moglie e a tre figli a causa di 2.000 euro di multa. In effetti non si tratta di una cifra esorbitante (rispetto a cifre da capogiro riportate su buste firmate Equitalia). Come si può giustificare allora un gesto simile?

Anzitutto proviamo a riassumere il fatto. Eddy De Falco era il titolare di un panificio a Casalnuovo, nel napoletano (dove, per precisare, ci sono solitamente due Stati cui pagare una tassa). Nel panificio aiutava la moglie, Lucia, senza un regolare contratto.

Di qui la multa da 2.000 euro che De Falco non poteva permettersi di pagare immediatamente. La sentenza però è inflessibile, e viene dato un ultimatum di 24 ore per pagare la sanzione. Pena per il mancato pagamento: chiusura dell'attività.

Lucia racconta di preghiere e varie suppliche per ottenere almeno una dilazione di pagamento (viene alla mente una simpatica scena di Ficarra e Picone che implorano ad un boss mafioso una rateizzazione del pizzo; in effetti la durezza dell'interlocutore è parsa simile dai racconti), e del netto colpo subito dal marito, preludio del suicidio. Renato Pingue, direttore territoriale del Lavoro a Napoli, difende l'operato dei suoi ispettori: "Fosse stata solo la moglie non sarebbe scattata alcuna sanzione.

Furono però trovati un uomo, che scappò, e una donna accanto la moglie, che dall'aprile del 2013 lavorava in nero con una paga di 10 euro al giorno (meriterebbe una riflessione questa "svendita" forzata per racimolare qualche denaro, ndr). I miei ispettori hanno applicato la legge, le norme e le circolari che provengono dal Ministero."

Ecco, direttore, nessuno vuole mettere in discussione il vostro essere ligi al dovere e all'applicazione delle norme.

Il problema, qui, è la profonda ingiustizia dei trattamenti, la profonda indifferenza e solitudine in cui viene lasciato il cittadino. Un suicidio per 45.000 euro è riconducibile all'impossibilità di pagare. Ma 2.000? No, la famiglia avrebbe dato una mano. Qui non si tratta di soldi. Questo suicidio ha radici umane, più che economiche.

Sentirsi impotenti di fronte ad una cifra del genere è l'attestato di una condizione miserabile, cui si è costretti a sottostare.

Avere davanti agli occhi la moglie che supplica invano la rateizzazione di una multa la cui cifra non raggiunge nemmeno quella del salario minimo di tanti Paesi deve essere profondamente umiliante. Le regole sono state applicate correttamente. Ma contrapposta a questa necessità, v'era quella di un uomo che non poteva venire incontro alla vostra, se non a metà strada. È una situazione che ricorda la tragedia greca, che nasceva dallo scontro di due verità altrettanto sacrosante. L'eroe tragico andava incontro a una realtà più grande di lui e, consapevole di ciò, periva.

Ricorda un po' la situazione attuale, dove imprenditori piccoli piccoli sono obbligati a scontrarsi con voi, grandi Istituzioni, nel giusto e nel torto. Solo che i vari Edipo, Aiace, Antigone dovevano scontrarsi con dei, ninfe e Fato. I nostri eroi, invece, con tasse, burocrazia e Fisco (che ultimamente ha col Fato molti aspetti comuni oltre alla "effe" maiuscola). Ripeto, direttore, io credo che nessuno metta in dubbio il fatto che abbiate "applicato il regolamento", ma anche nei Lager nazisti, senza fare paragoni azzardati, veniva applicato il regolamento. Ecco, vorrei riportare, a lei e ai signorotti che le inviano le circolari, un passo di "Se questo è un uomo", dove Primo Levi racconta di un episodio alquanto simbolico: allungata una mano per raggiungere un pezzo di ghiaccio (a causa della sete), gli arrivò sul braccio il colpo di una guardia.

"Warum?", gli chiese. Perché? "Hier ist keine Warum", qui non c'è alcun perché. Ecco, direttore, per quanto rispetti la legittimità della sua multa, posso chiederle se una dilazione valeva la vita di un uomo?