L'uomo di oggi è orgoglioso della sua libertà di pensiero e fa bene. Non deve più chiedere il permesso ad un'autorità più grande che la fa da padrone: stabilisce da solo cosa è giusto e cosa è sbagliato. Si può dire che è finalmente uscito dallo "stato di minorità" nel quale, secondo Kant, si trovava prima dell'Illuminismo, allorché egli ha imparato a pensare con la sua testa. Deve tuttavia fare i conti con il conformismo di chi crede di pensare con la propria testa e invece sposa spesso il sentire comune - "lo ha detto la tv", assurta a ruolo di certificatrice della verità - e quasi sempre l'agire comune: "lo fanno tutti".

A ben vedere quelli che veramente pensano con la propria testa e, ancor di più, agiscono di conseguenza sono ben pochi. Per poter validamente pensare con la propria testa occorre innanzitutto considerare quello che è stato detto e scritto precedentemente su un determinato argomento. Non possiamo pensare di essere necessariamente più bravi di quelli che ci hanno preceduto: possiamo e dobbiamo influire in modo originale con l'apporto del nostro pensiero personale, ma senza l'aprioristico rifiuto del cammino percorso dall'umanità.

Il sentire comune o meglio la morale del "politically correct" recita che nessuna credenza personale può essere fatta passare per assoluta in quanto ciò contraddice al senso comune ed alla pacifica convivenza degli uomini.

Sarebbe tuttavia opportuno accorgersi del diffondersi dei sofismi che a partire dal V secolo prima di Cristo - con i Sofisti appunto - per poi riprendere con Cartesio e ancora con l'Illuminismo al tempo stesso che affrancano l'uomo lo privano di una valida guida alla costruzione del pensiero e soprattutto, spesso, del suo collegamento con la realtà.

Hegel metterebbe in guardia i rampolli - eterni adolescenti - inebriati dal pensiero autonomo facendo loro constatare che non ha senso correre dietro il proprio libero pensiero laddove questo fosse privo di alcun aggancio con il cammino del pensiero nella storia. "Bene curris", direbbe s. Agostino, "sed extra viam" (corri bene ma fuori strada).

Il vero discrimine a partire dal quale è stato respinto ogni ragionamento che mancasse di chiarezza e distinzione è stato il "cogito ergo sum" cartesiano. Pretendere tuttavia di fondare la propria esistenza sulla capacità di autoaffermazione attraverso il pensiero non sempre conduce a risultati soddisfacenti in termini di collegamento con la realtà. Oggi ci troviamo liberi di pensare quello che vogliamo, ma siamo spesso anche privi del senso della vita.

Bisogna cercare di mettere insieme il beneficio del pensiero autonomo con una vita coerente e feconda. Se "una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta", come dice Seneca, potremmo a maggior motivo dire che "una vita senza spinta morale" lo è ancor meno, con buona pace dei nichilisti che, partire dal loro capo scuola, la vita spesso se la tolgono.

I danni del modo di pensare nichilista e relativista sono sotto lo sguardo di tutti: suicidi anche fra adolescenti, famiglie che si sfasciano in misura crescente, rapporti che sembravano eterni e invece si sciolgono. Ecco a cosa porta il lento fluire del pensiero liquido.

Esiste un modo semplice di affrontare la realtà ed è quello che troviamo nell'esempio di alcune persone coerenti che vivono accanto a noi. Ognuno di noi ne ha. Angeli? No, uomini, donne, che affrontano la fatica del vivere con la consapevolezza di essere voluti e di non essere una scheggia impazzita, di essere amati e non uno scarto, più o meno significativo, del caso.