La vicenda si complica. La Corte Costituzionale dovrà motivare la ragionevolezza della sentenza, mentre i lavoratori dello Stato e i sindacati di categoria sono già a lavoro per manifestare contro una sentenza inaudita che, lascia l'amaro in bocca a tutti i dipendenti pubblici che non percepiscono aumenti di stipendio dal 2010 e stanno sopportando con grandi sacrifici la riduzione del potere d'acquisto, attualmente dichiarata intorno al 40% a causa dell'aumento dei prezzi di beni e servizi, l'aumento della pressione fiscale e il blocco degli stipendi.

Il blocco degli stipendi ha influito sul PIL

Il blocco degli stipendi è un prezzo troppo alto che i lavoratori pubblici stanno pagando ormai da troppo tempo. La decisione (incostituzionale) dei Governi pro tempore di continuare a mantenere bloccati gli stipendi di alcuni lavoratori e non di tutti è veramente indisponente, oltre che la concausa della crisi economica della Nazione. Il 40 % in meno del potere d'acquisto ha determinato un'indiscutibile discesa a picco del PIL. Il blocco degli stipendi agli statali si è rivelato un grande errore politico, oltre che un palese danno sociale, dagli sviluppi troppo spesso drammatici. L'effetto negativo maggiore l'hanno subito le aziende private, costrette a licenziare, mantenendo la produzione con il minimo del personale fino a quando ci sono riuscite e purtroppo, molte, ridotte allo stremo economico hanno dovuto chiudere.

In alcuni casi gli imprenditori impossibilitati a far fronte ai debiti contratti, hanno addirittura scelto di togliersi la vita.

La politica influenza la Corte

La prova è inconfutabile, la Corte Costituzionale si è dimostrata in quest'occasione un organo con potere politico fortissimo, che decide in base alle direttive del Governo.

Vengono meno con questa sentenza lo Stato di diritto e la definizione: "I giudici costituzionali applicano solo la legge". Questa volta sembra proprio che la discrezionalità della Corte sia stata eccessiva, al punto tale da mettere in discussione la sentenza che sicuramente dopo la pubblicazione delle motivazioni, innescherà un successivo ricorso in merito all'incostituzionalità della decisione della Corte di bloccare gli arretrati.

La salomonica decisione non è per nulla condivisa dai lavoratori e dalle rappresentanze sindacali che si stanno già mobilitando per dimostrare in piazza e nelle sedi legali, "l'irragionevole" decisione dell'Organo di garanzia costituzionale.

Era già successo nel 1966

Nel 1966 la Corte Costituzionale autorizzò con sentenza il Governo pro tempore e il Parlamento di procedere a una spesa pubblica più elevata rispetto alle entrate dichiarate dal bilancio, producendo così un aumento sconsiderato del debito pubblico. Probabilmente la paura di commettere lo stesso errore, ha portato i giudici a bloccare gli arretrati dovuti ai lavoratori pubblici, per evitare una stangata da 35 miliardi sui conti dello Stato. Ma così facendo, la Corte ha commesso un errore ben più grave; ha deciso in modo incostituzionale.