Le considerazioni che si sentono e leggono in questi giorni riguardo le prestazioni delle squadre di calcio di serie A impegnate in diversi incontriin svariate parti del mondo portano a delle riflessioni importanti.Sembra infatti che anche il mondo del calcio sia stato colpito dalla sindrome di distacco che già ha colpito la politica Italiana, intendendo con questo un solco che si crea tra chi opera (i club) e chi usufruisce dell’operato (gli appassionati).
Ora pensiamo a come il calcio sia un’industria, e di come sia necessario che questa industria sia sostenibile e si debbano evitare casi come quello del Parma, ed altri più o meno recenti.
E’ quindi necessario che i club che hanno un potenziale come fatturato, lavorino per realizzarlo questo fatturato. E questo deve avvenire in tutti i modi possibili, nelle diverse sfaccettature che il business calcio prevede. Pertanto se un club ha un appeal internazionale, ben venga il suo sfruttamento, come fonte di ricavo da aggiungersi ai diritti tv, alle scarse vendite da botteghino, ed alle scarse vendite di merchandising, aree dove è più evidente il gap con gli altri club a livello internazionale.
E’ però necessario che la strategia commerciale non sia disgiunta da quella sportiva: insomma, se nasce un nuovo modo di operare che modifica l’attacco di stagione, la pianificazione della preparazione deve modificarsi di conseguenza e la comunicazione allo stesso modo deve trasmettere le informazioni al pubblico in maniera adeguata.
Se si va in Cina per una serie di partite più o meno amichevoli a fine luglio, i responsabili tecnici debbono adeguare la loro preparazione, e questo credo che gradualmente stia avvenendo. Allo stesso modo si deve però capire che i risultati che derivano sono risultati che non hanno valore, in quanto equivalenti a quelli roboanti delle amichevoli di anni fa contro rappresentative locali o squadre di dilettanti.
Certo il prestigio di certe partite contro club primari a livello internazionali porta l’amaro in bocca in caso di sconfitta, ma delle due l’una: o vogliamo passare alla cassa e raccogliere risorse, o vogliamo, come calcio Italiano, farci belli nei confronti di altri club evitando il confronto quando ancora indietro di preparazione.
Volendo su questo poi ci sarebbe da discutere in modo approfondito, in quanto i campionati terminano più o meno tutti nello stesso periodo, ma da decenni noi sosteniamo che ad iniziostagione le nostre squadre soffrono per aver ripreso dopo, ma chi ci impedisce di iniziare prima, per inciso?
Tornando allo status quo di questa estate 2015, troppe sono le parole che si spendono per dire che questo ha perso con quello, che il risultato è umiliante, e via discorrendo. Oggi siamo al punto che non solo il pubblico trova nuovi argomenti per punzecchiarsi nei momenti in cui negli anni passati almeno 4 o 5 squadre avevano il sogno di essere i futuri campioni d’Italia, non solo vediamo come certi allenatori siano a rischio quando ancora non hanno imparato i nomi dei loro giocatori, ma addirittura emergano polemiche da parte di agenti e procuratori se Tizio parte dalla panchina al 4 agosto.
Quindi, anche qui, come in troppi aspetti del calcio, l’informazione, e la formazione, sono fondamentali per far sì che la nostra comprensione calcistica ed il nostro modo di vivere questo sport, da fruitori, si evolva un attimo, già a livello di partecipanti e di attori stessi all’interno del mondo professionistico.