Il 2016, tra le tante cose, sarà ricordato anche per l’entrata in vigore delle cosiddette dimissioni telematiche. Tra le tante pieghe del Jobs Act del Governo Renzi, una delle cose che sicuramente lasceranno il segno è proprio lo stop alle dimissioni cartacee da parte dei lavoratori. Con il decreto semplificazioni, l’idea partorita con la Legge 183/2014, ha trovato la sua attuazione. Da ora, il lavoratore che vuole lasciare il proprio impiego, qualunque sia il motivo della decisione, dovrà utilizzare il canale telematico. Un provvedimento moralmente ineccepibile ma che presenta diverse problematiche.

Come funzionano le nuove dimissioni

L’idea dell'esecutivo è quella di dare un giro di vite alle cosiddette “dimissioni in bianco”, prassi diffusa, purtroppo, nel mondo del lavoro nostrano. Sovente infatti, i datori di lavoro pretendevano da parte del lavoratore la sottoscrizione del modello di dimissioni già all’atto dell’assunzione. Naturalmente senza data, perché questa “illecita” sottoscrizione sarebbe stata utilizzata in caso di bisogno, cioè quando il datore di lavoro avrebbe potuto e voluto licenziare il lavoratore, facendo passare la cessazione del lavoro come atto ad esclusiva volontà del dipendente. Dal 12 marzo, giorno di entrata in vigore del provvedimento, il lavoratore per dimettersi dovrà compilare il modulo ed il form on line, messo a disposizione sul portale del Ministero del Lavoro.

Nell’area strumenti e servizi del portale ufficiale del Ministero (lavoro.gov.it), il lavoratore, munito di password e credenziali di accesso, dovrà provvedere “pro manibus”, o facendosi assistere da un delegato, a rassegnare le proprie dimissioni. La procedura telematica diventa importante anche perché, la data di sottoscrizione fa partire il conto alla rovescia dei 7 giorni utili affinchè il lavoratore possa tornare sui suoi passi e ritirare le dimissioni.

Quali problemi si possono riscontrare

Un primo problema è che, se la prassi delle dimissioni in bianco era diffusa ma illegale, potrebbero ripresentarsi questioni di irregolarità nel caso in cui il datore di lavoro pretendesse le credenziali ed il Pin di accesso al portale del Ministero, per utilizzarle allo stesso modo della dichiarazione in bianco cartacea.

Se fin qui, il quadro fuoriuscito da questa problematica, rilevava il datore come soggetto forte del rapporto di lavoro, la nuova procedura sortirebbe l’effetto contrario. Il datore di lavoro resterebbe inerme di fronte al lavoratore che, alla luce di un rapporto di lavoro fisicamente cessato, potrebbe non dare luogo alla procedura telematica come normativa impone. Vuoi per dimenticanza o per volontà, il lavoratore potrebbe benissimo non adempiere a quanto previsto. Il datore di lavoro fino al 12 marzo, poteva sollecitare il lavoratore a convalidare le dimissioni inviandogli una lettera di sollecito e trascorsi i 7 gironi dalla missiva, le dimissioni si davano per ufficializzate. Adesso il datore di lavoro è completamente nelle mani del lavoratore da questo punto di vista, soprattutto perché va ricordato che il lavoratore potrebbe assentarsi dal lavoro e spingere il datore, viste le ripetute assenze, a licenziarlo per poter così percepire la Naspi. Insomma, come sempre in Italia, si fa un provvedimento che mira a migliorare una situazione, ma le conseguenze non sempre raggiungono gli obiettivi.