Il presidente del consiglio Matteo Renzi ha dichiarato che il referendum costituzionale si potrebbe tenere tra il 15 novembre e il 5 dicembre, sottolineando che la data definitiva verrà stabilita non prima di un confronto con le altre forze politiche e comunque non oltre il 25 settembre. Il Premier ha ribadito inoltre la sua intenzione di mutare l’Italicum sulla base di un accordo in Parlamento, senza curarsi di quantostabilirà in merito la CorteCostituzionale il prossimo 4 ottobre.
Cgil, D'Alema e Travaglio dicono No, Cisl favorevole
Intanto, la Cisl si sarebbe mostrata favorevole, affermando che perpetrerà gli aspetti positivi della riforma col fine di garantire una scelta corretta.
La Cgil, invece, ha già dichiarato la sua posizione, diffondendo un invito a votare NO perché, secondo l'Assemblea generale, seppure il fine di mutare i rapporti di supremazia tra Regioni e Stato sarebbe condiviso anche dalla Confederazione, il risultato ottenuto risulterebbe assolutamente sbagliato. Ma la Cgil non è la sola a schierarsi dalla parte del No: lo hanno fatto già in centinaia fra politici, giornalisti, intellettuali, tra i quali figura l'ex premier Massimo D'Alema, che ha annunciato la fondazione di un comitato per il no,il giurista, politico e accademico Stefano Rodotà e il noto giornalista Marco travaglio.
Le ragioni del No
In un libro diffuso il 7 luglio scorso, “Perché No – Tutto quello che bisogna sapere sul Referenzum d’autunno contro la riforma Boschi-Verdini” è proprio Travaglio insieme a Silvia Truzzi che, analizzata la “riforma” costituzionale, spiega quanto sia importante votare No.
Nel libro vengono scandagliati ben 35 punti inerenti lariforma, di seguito alcuni, tra i più rilevanti:
ll Senato snellito proferisce risparmi ininfluenti, pari al quantitativo di denaro che si otterrebbe semplicemente diminuendo del 10% lo stipendio di deputati e senatori: la rielaborazione di 47 dei 139 articoli della Carta è dunque ingiustificabile.
Il premier avrà un potere incontrovertibile: in quanto “dirigente” del partito più eletto, sarà posto al governo dai cittadini (senza che i cittadini stessi lo sappiano) divenendo il sovrano indiscusso del governo e del Parlamento. Il presidente del Consiglio potrà decidere autonomamente a chi assegnare il ruolo di presidente della Repubblica, così come i componenti della Consulta, delle Autorità “indipendenti”, l’AD e il Cda della Rai. Potrà inoltre modificare la Costituzione secondo i suoi gusti, ogni qual volta lo riterrà opportuno.
- Nel neo Parlamento, il presidente del Consiglio non riceverànessuna forma di opposizione al potere costituito. Oltretuttoil Senato, ridotto afunzioni parassitarie, non sarà in grado di bilanciare la Camera che sarà al servizio del premier. Non è prevista neppure una verifica dall'interno: non esiste una regolamentazione chiara e trasparente sul ruolo delle minoranze parlamentari.
- Non viene rimosso il bicameralismo: Camera e Senato perpetreranno il loro continuo “tira e molla” legislativo con il tradizionale meccanismo bicamerale. 22 le tipologie di norme che rimangono bicamerali, ognuna con iter di approvazione differenti in base al tema trattato, con le conseguentiprocrastinazioni che ne deriveranno e l'inevitabile allungamento delle procedure legislative.
- Allo stato attuale delle cose è possibile proporre una norma pensata dai cittadini con sole 50 mila firme; con questa “riforma” invece, saranno necessarie 150 mila firme, ovvero il triplo. Stessa situazione per i referendum abrogativi: il quorum verrà abbassato ma le firme necessarie saranno 800 mila anziché 500 mila.
Il terreno si annuncia ostico, in uno scenario in cui rischiano di essere messi in discussione alcuni tra i principi più importanti della nostra costituzione: per questa ragione la Cgil ha invitato tutti a partecipare al voto per un secco No, apostrofando la riforma come un'opportunità non colta che avrebbe potuto produrre innovazioni atte a snellire e rinforzare l'assetto istituzionale.