Dopo il caso del cane Angelo di Sangineto e del pinscher di Pescia, entrambi brutalmente seviziati e uccisi nel primo caso da un gruppo di quattro balordi, nel secondo dall'ex fidanzato della proprietaria del povero animale, in molti si chiedono se coloro che sono capaci di queste crudeltà gratuite siano personalità disturbate, tali da rappresentare un pericolo anche per i propri simili.
Alcune risposte possiamo trovarle nella relazione "Aspetti psicopatologici del maltrattamento sugli animali", segnalato all'interno di un recente servizio de "Le Iene" sul caso di Sangineto e redatto dal dottor Francesco Rovetto, che in passato è stato professore ordinario nel Dipartimento di Psicologia dell’Università di Pavia. Tale documento è liberamente consultabile e scaricabile in Rete. Di seguito vi proponiamo alcuni stralci utili per rispondere alla domanda sopracitata.
L'origine dell'aggressività e il ruolo della famiglia
Il documento sottolinea l'importanza rivestita dalla famiglia nello sviluppo del bambino e nella maturazione del carattere dell'individuo, compresa l'aggressività.
Se i familiari hanno l'abitudine di alzare le mani o di maltrattare gli altri, e in particolare gli animali, probabilmente per il bambino quel comportamento apparirà "normale" e lo replicherà a sua volta.
Questo non significa necessariamente che la famiglie abbiano sempre delle responsabilità, ma in alcuni casi dietro a questi episodi ci possono essere anche i cattivi esempi ricevuti. Parimenti educare un bambino a portare rispetto agli animali è fondamentale per lo sviluppo di qualità come altruismo ed empatia, nonché per l'accettazione del "diverso".
Chi è crudele con gli animali sarebbero propenso alla violenza anche verso gli uomini
A pagina 7 del documento si legge che il rapporto tra il bambino e chi egli percepisce come "diverso" è un fattore fondamentale per lo sviluppo psicologico del soggetto.
E chi è in grado di compiere atrocità sugli animali sarebbe in grado di esprimere la stessa violenza contro i propri simili e in modo particolare verso i soggetti deboli, incapaci di difendersi.
Il documento prosegue evidenziando come sia noto il fatto che dietro alle crudeltà nei confronti degli animali talvolta si celino delle psicopatologie, che nei soggetti adulti possono sfociare nel "disturbo antisociale di personalità", che talvolta può manifestarsi in forma psicopatica. Le crudeltà sugli animali sono inoltre talvolta collegate all'uso di sostanze che favoriscono l'aggressività, come alcolici e droghe sintetiche.
La violenza gratuita, un segnale d'allarme
La relazione, citando le statistiche del CNR, sostiene che il 16,7% dei ragazzi tra i 9 e i 18 anni avrebbe commesso violenze su animali almeno una volta nella vita, e in un caso su cinque queste sarebbero state commesse senza motivo, "per divertimento".
Un aspetto questo, che suscita preoccupazione in quanto i ragazzi crudeli con gli animali avrebbero maggiori probabilità - si parla di una su tre - di manifestare in età adulta comportamenti aggressivi e pericolosi, tanto che aumentano anche le possibilità che il soggetto commetta atti criminali.
Cosa c'è dietro alle torture e alle atrocità?
A pagina 13 il documento prende in esame i casi più cruenti, ovvero quando le violenze sfociano in vere e proprie torture: animali bruciati vivi, resi ciechi mediante l'asportazione delle cornee, mutilati. In questi casi dietro a questi comportamenti ci sarebbe la volontà di affermare il proprio coraggio e la propria forza.
Si tratta di individui che hanno seri problemi di autostima, si sentono inferiori agli altri e seviziando una creatura più debole hanno l'illusione di sentirsi - per un momento - potenti. Il rapporto sostiene che questi individui talvolta iniziano brutalizzando gli animali e poi passano a compiere atti come bruciare senzatetto o persino uccidere donne, viste come oggetti da possedere.