Avevamo qualche giorno fa espresso tutte le perplessità e avanzato un "caso morale" in merito alla sentenza di un tribunale, dopo quattro gradi di giudizio, di staccare la spina del povero Charlie Gard, ponendo fine alla sua breve e disgraziata esistenza. Nell'intervento precedente si erano espresse, inoltre, tutte le reticenze nel voler comprendere la resa incondizionata dei medici nel tentativo di attendere, con l'incedere della sperimentazione, una cura che potesse lenire o rallentare l'irreversibilità del male che attanaglia il bambino inglese.
Nei giorni scorsi, il Great Ormond Street Hospital, che ha in cura Charlie, si era espresso favorevolmente sulla proroga della sospensione delle cure, per fornire il tempo alla famiglia Gard di "gestire" nel miglior modo possibile una vicenda così drammatica e dolorosa.
Connie Yates, la mamma di Charlie, nel frattempo ha chiesto la disponibilità al "Bambin Gesù" di poter accogliere il figlio e tentare l'ultima, disperata, via di una cura sperimentale, così come raccontato dal presidente nel nosocomio romano, Mariella Enoc, che non cela il parere negativo espresso dall'ospedale inglese dinanzi alla possibilità di trasferimento. Ostacoli e cavilli burocratici negano ad una famiglia la possibilità di sperare e di lottare per la sopravvivenza di un figlio.
Un caso internazionale
In merito alla vicenda, l'atteggiamento della Santa Sede non lascia spazio alle repliche. Attraverso le dichiarazioni del segretario di Stato, il cardinale Piero Parolin, il Vaticano ha fatto sapere che farà tutto il possibile per superare gli ostacoli burocratici che non consentono il trasferimento del piccolo Charlie.
Il Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha dato mandato all'ambasciatore di contattare i vertici dell'ospedale inglese che hanno espresso l'impossibilità di effettuare il trasferimento a causa di due sentenze e ha annunciato di contattare direttamente il suo omologo inglese, Boris Johnson.
Oltre il coinvolgimento delle autorità italiane e inglesi, a seguire la vicenda c'è anche il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump; in merito, si è espresso anche il premier inglese, Theresa May, non lasciando trasparire nessuna posizione definita, dicendosi vicina al dolore dei genitori e riconoscendo, nel contempo, il delicato ruolo dei medici che devono prendere decisioni drastiche in circostanze così drammatiche.