il 23 Luglio esce per Sky tg24 la notizia di un consigliere del PD anconetano sospeso per un post alla memoria di Giuliani. Nel post si legge che lui, in veste di padre, chiederebbe al proprio figlio, se fosse in servizio, di mirare meglio. "Carlo Giuliani non mi mancherai". A parole del genere si rimane di ghiaccio. Non solo perché, sia per la faccenda di Giuliani sia per la Diaz, siamo stati condannati dalla corte di Strasburgo; non solo perché è stato ampiamente dimostrato (potete trovare l'immagine in un post del 22 Luglio della pagina FB "Vento ribelle") che Carlo abbia preso l'estintore solo dopo essersi visto puntare un'arma addosso; non solo perché parliamo della morte di un ragazzo.

Un padre di famiglia, un politico, un uomo con una certa visibilità, non dovrebbe mai permettersi di dire cose del genere. La sua posizione è andata a giustificare un omicidio, un omicidio di Stato. Dagli anni settanta in poi le stragi di Stato e gli omicidi di Stato sono stati innumerevoli (Falcone, Borsellino ...) e nessuno si è mai sognato di giustificare uno solo di quegli atti. E invece oggi molti si scagliano contro quella "bestia" di Giuliani, un ragazzo morto ammazzato che però non era dalla parte dello Stato.

Il g8 aveva una mira: riuscire a gestire l'Europa intera. I ragazzi di Genova 2001 hanno dimostrato ai capi di Stato che non erano nemmeno in grado di gestire Genova, la morte di Giuliani ne è stata la prova più palese.

La furia fascista si scaglia contro la popolazione. E qui varrebbe la pena di fare una piccola riflessione sulla differenza tra "popolo" (Hobbes) e "moltitudine" (Spinoza). Il primo è quello che lo stato vorrebbe: un organismo piatto, facilmente indirizzabile, che sottostà al potere. Il secondo invece è quello del '68, quello del '77, quello dei situazionisti francesi e degli yppie americani (Ginsberg per esempio).

Il secondo è pericoloso perché giustifica un tipo di violenza diffusa che potrebbe demolire il potere. Inutile citare testi come "Dominio e sabotaggio" di Negri, qui basterebbe avere un minimo di memoria storica; memoria storica che gli italiani sembrano non avere.

Quelli contro cui ci scagliamo, forse difendevano anche i nostri diritti

Non ci ricordiamo forse delle grandi lotte, seppur violente, dalla Resistenza in poi? Giorgio Montanini, comico fermano, dice che "in fondo, a noi italiani, il fascismo piace". Ed è vero! Non vediamo l'ora di scagliarci contro il primo Centro sociale, contro il primo gruppo studentesco, contro il primo sindacato giovanile; non vediamo l'ora di scagliarci contro "il drogato" di Cucchi, "l'animale" di Giuliani. Noi preferiamo essere dalla parte del torto ma del forte. Noi siamo per l'etica hegeliana.

A noi non interessa lottare, e qualunque denuncia alla società si riduce alla retorica da Bar. Siamo, parafrasando Eco, milioni di "imbecilli" che hanno diritto di parola.

Eppure non riconosciamo che proprio quel Giuliani, al pari di quel Falcone che tanto -e giustamente- si ama, ha contribuito alla difesa dei nostri diritti democratici, contro il potere e la violenza di Stato, contro l'Ur-fascismo (il fascismo del XXI secolo). Sembra quasi ci piaccia essere il "popolino" di senechiana memoria, perché alla fine è la scelta più comoda.

Diego Urbisaglia è solo uno dei tanti educati a questo paradigma di inerzia; in giro ne possiamo trovare tanti, sempre, ogni giorno intorno a noi pronti a giudicarti se indossi un pantalone calato o hai la barba "sbarazzina". Ma noi, prima di tutto, dobbiamo evitare di esserlo. Ricordiamo quale sia il senso della politica e del vivere sociale: la resistenza.

La nostra intera società si fonda sulla possibilità di ribellarsi allo stato. Allora non dimenticate Giuliani, e condannate qualunque atto ne infanghi la memoria, difendete i vostri pari, difendete quei ragazzi che hanno avuto il coraggio di resistere, davvero!