Ci fosse ancora Aristotele l’avrebbe spiegato lui cosa significa vivere dentro il Calciomercato: “la vittoria del campionato in potenza”. Un tempo dove non esiste il pessimismo e (quasi) tutti guardano al futuro sereni e fiduciosi. Il calciomercato è una stagione dell’anima. La più bella della nostra vita calcistica. Fatta di mattinate passate in spiaggia a leggere la Gazzetta, di serate trascorse a disquisire di attivi e passivi. Bilanci e plusvalenze. Di notti insonni e agitate davanti al televisore aspettando il colpo di mercato. Amichevoli: dove godere dei nuovi acquisti che di fronte alla rappresentativa valdostana fanno esaltare e pensare finalmente di aver trovato il nuovo Cristiano Ronaldo.

E' la stagione di giornalisti e titolisti che si sbizzarriscono con notizie quasi sempre assurde. Probabilmente le uniche fake news che non fanno male a nessuno. Il calciomercato sono giorni dove le parole e gli aggettivi consumano inchiostro. Statistiche e confronti si sprecano. Dai (possibili) tridenti migliori e quanto costerebbe oggi Van Basten. Aiuta una tribù di tifosi a passare ad addolcire un'estate. L'età della fantasia e della gioia.

Ma soprattutto il tempo delle immedesimazioni: si diventa manager, presidenti, allenatori, contabili. Si contano e intascano milioni (ovviamente quelli degli altri) come al Monopoli. Non svegliateci da questo sogno di mezza estate dove ognuno (può) conquistare il suo scudetto, la sua qualificazione alla Champions.

E le piccole compagini lottano per una salvezza senza ansie e patemi.

Meraviglia. Il calciomercato è la panacea di ogni male calcistico. Occorre ineluttabilmente per guarire dalle ferite del campionato passato. A sperare che il futuro possa essere (il) migliore. E come se tornassimo indietro all’età della fanciullezza: dove i desideri si realizzano.

O almeno crediamo si possano realizzare. C’è un intero campionato davanti per dimostrare quanto si vale. Nulla può impedire di realizzare l’impossibile. Non sembra mai troppo tardi.

Vivere il calciomercato è come vivere sotto l’effetto di stupefacenti. Si passano tre mesi o giù di lì anestetizzati. Ma felici. Si vorrebbe che l'effetto non finisse mai.

Che le voci per un possibile grande acquisto durassero in eterno. Che la squadra del cuore non scendesse mai in campo per la paura che il delirio di onnipotenza si scontri con la cruda realtà. L’arrivo dell’inverno ci porterà a vedere le cose come stanno: un centroavanti lento come un bradipo, un difensore sbilenco e un allenatore incapace. Potenza (alza il trofeo e vince solo uno dei pretendenti) che si trasforma in atto direbbe Aristotele. A chi piace la realtà, la sconfitta? Non svegliateci da questo breve, intenso e imposto letargo. E' il caso di dirlo: il sonno dal campionato genera solo cose belle. Altro che mostri.