In questi giorni, impossibile negarlo, tutti noi ci siamo chiesti: è opportuno gioire della morte di un boss mafioso come Totò Riina? Il giorno 17 novembre 2017, infatti, l’ormai ex esponente di spicco del sistema di mafia denominato “Cosa nostra” è spirato. Provato dal carcere duro (condannato a diversi ergastoli sotto regime di 41 bis) l’uomo è giunto al termine della propria esistenza decretando definitivamente fine alla sua passata “carriera” di assassino, capo criminale e mandante di stragi.

Tutto ciò è però davvero sufficiente a renderci felici per la sua morte?

La Filosofia epicurea può venirci in aiuto ma, è importante sottololinearlo, il giudizio ultimo spetta al singolo individuo. Sui social, come ormai da anni, le persone si schierano, essenzialmente, tra le fila degli entusiasti, dei loro oppositori e degli astenuti. Siamo però sicuri che tali schieramenti siano realmente frutto della propria capacità di giudizio oppure, ragionando in questo modo, cadremmo in errore? Indagando a fondo la mente umana è possibile far emergere una risposta che tutti si aspettano ma che pochi hanno il coraggio di esplicitare: di propria coscienza, in decisioni prese in casi come questi, ce n’è ben poca.

Il Fenomeno che potremmo definire “Effetto gregge”, infatti, convoglia i giudizi personali all’interno di un aggregato decisamente più ampio così che, seppur impercettibilmente, questi siano mano a mano “smussati” e ridefiniti, in modo tale da potersi accorpare a quelli di altri con pensieri simili ai nostri. Sarebbe errato tuttavia giudicare le capacità critiche individuali attraverso le conseguenze di questo effetto, spesso e volentieri siamo infatti testimoni inconsapevoli di ciò che sta accadendo e, pertanto, non del tutto consci di come i nostri pareri stiano mutando (potremmo essere dei prodigi della natura e cadere comunque nel “calderone” della massa). Il grosso, grossissimo problema risiede nel fatto che schierarsi, esattamente come in ambiente politico, non avviene quasi mai a seguito di una completa adesione alla corrente di pensiero: basta un’adesione ad una linea guida che rispecchi anche solo il 99% dei nostri umori per mostrare come, sebbene il proprio pensiero non venga rappresentato in toto, si tenda a cercare supporto, alle proprie idee e ad i propri ragionamenti, in chi è semplicemente affine.

I vantaggi del gregge: l’unione che fa la forza

Quale può essere la miglior spinta motivatrice ad aggregarsi? Come direbbero i tre moschettieri: “Tutti per uno ed uno per tutti”. Essere soggetti all’effetto gregge può infatti portare dei benefici, qualora si sia ben consapevoli di “cosa” si voglia ottenere dalla massa. Essere un gruppo più o meno definito comporta, inevitabilmente, essere protagonisti del detto popolare “L’unione fa la forza”, ovvero l’ottenimento di un maggiore supporto e sostegno da chi si trova a pensarla come noi (o quasi). Il gruppo assume, gradualmente, forza e vitalità, così che i propri interessi siano meglio rappresentati e sia anche più facile far valere l’importanza delle proprie convinzioni (basti pensare alla logica basilare: quante più persone esprimono lo stesso pensiero, tanto più tale pensiero si diffonderà con rapidità e solidità).

Gli svantaggi: smarrire la propria individualità

Gli individui che, troppo facilmente, si lasciano trascinare dalla massa, rischiano tuttavia di incorrere in spiacevoli complicazioni. Se si perde la traccia di quella che era, in origine, la nostra convinzione, si rischia di essere letteralmente assorbiti dal mare di opinioni: si perde la possibilità di esprimere se stessi con dolorosissima conseguenza di perdita del controllo sulle proprie azioni e/o pensieri (lampante esempio viene dal regime Nazista o da film come “Die Welle – L’Onda [2008]"). Spesso chi è vittima si trova a compiere gesti che, inizialmente, non comparivano nelle proprie volontà, vuoi perché ormai non più completamente padrone di se, vuoi per necessità, addirittura quasi morbosa, di ottenere dallo stesso gruppo approvazione e rispetto (o più banalmente continuare ad avere lo status di “appartenente a quel gruppo”).