Bohemian Rhapsody è un film per tutti: sicuramente per gli appassionati e i fan accaniti (con la presenza però di alcuni "bocconi indigesti" per questi ultimi, come vedremo) ma anche indirizzato all'ascoltatore/musicista amatore - grazie alla resa musicale e tecnica di tutto rispetto - passando infine per chi semplicemente vuole godersi una pellicola ben fatta, con budget monstre ed effetti speciali (ricostruzione del Live Aid in computer grafica su tutti) da non lasciare indifferenti.

Brian Singer, regista che raggiunse l'apice con il capolavoro indiscusso "I soliti sospetti" nel 1995, è riuscito nell'intento, tutt'altro che semplice, di avvicinare alla mastodontica band glam-rock inglese fasce eterogenee di pubblico.

Il film

La pellicola si apre su di un giovanissimo Freddie Mercury (all'epoca ancora Farrokh Bulsara), immigrato in Inghilterra dall'isola di Zanzibar insieme alla famiglia. Operaio in una fabbrica, dopo pochi minuti di film incontra in un pub quelli che diventeranno i compagni della più grande avventura della sua vita: Roger Taylor e Brian May (quelli veri, tra l'altro, figurano anche tra i produttori di Bohemian Rhapsody, trasformando l'opera di Singer in un qualcosa di ancora più eccitante).

Sempre nella parte iniziale del film, viene presentato anche il primo amore e futura amica di una vita Mary Austin, interpretata da una fantastica Lucy Boynton. La gavetta dei Queen viene ridotta all'osso (forse troppo) catapultando lo spettatore nella versione superstar della band: contratti discografici, apparizioni in tv, tour negli Stati Uniti e soprattutto - parte prediletta per qualsiasi musicista che si appresta alla visione di questo film - la gestazione del Bohemian Rhapsody e il conseguente album.

La trama poi, come anticipato, presenta alcuni "buchi" che non sono stati particolarmente apprezzati dagli amanti della band inglese: un esempio, sicuramente il più grossolano, è il litigio e lo scioglimento del gruppo, che in realtà non è mai avvenuto.

O ancora, la scoperta della malattia di Freddie prima del Live Aid: il cantante, e tanto più il resto del gruppo, verrà a conoscenza dell'Aids solo molto tempo dopo, rispetto a quello che Singer e sceneggiatura hanno voluto farci credere.

In un film però - in quanto biopic pare riduttivo - si presentano necessari alcuni stratagemmi per renderlo più "affabile". Se si pensa poi che ogni singola ripresa è stata seguita da May e Taylor, tutto sommato appare chiaro come storpiature del genere non vadano a ledere la memoria di uno dei più grandi gruppi rock di sempre.

Rami Malek è Freddie Mercury

Impossibile poi non citare il protagonista, quel Rami Malek che i più hanno imparato a conoscere grazie alla serie di enorme successo Mr. Robot.

Un'interpretazione magistrale e mai banale, che gli ha già portato in bacheca il Golden Globe come "Miglior attore protagonista in un film drammatico". Malek si è calato nella parte in maniera quasi ossessiva (è stato seguito da un coreografo per mesi), risultando una vera e propria fotocopia dell'immenso Freddie Mercury, e riuscendo nell'intento di non confondere mai quella linea sfocata che spesso si pone tra imitazione e scimmiottamento.

Gli eccessi della vita privata di Mercury non sono però mai presentati in maniera appunto eccessiva: come detto, è un film per tutti, ma questo straripare di political correct poteva essere alleviato un poco. D'altro canto ci troviamo di fronte a un personaggio che ha costruito la propria immagine anche su questo.

O no?

Infine, l'apice cinematografico ma soprattutto emozionale dell'intera pellicola: Il Live Aid del 1985. A riguardo le parole da spendere sarebbero moltissime. Una ricreazione minuziosa ed esaltante, che tiene incollati alla poltrona per tutti i venti minuti della sua durata. Sembra di essere trasportati nella platea di Wembley, tra le lacrime e il sudore degli oltre 72000 presenti. La musica, i movimenti e i gesti di Malek, gli abiti, tutto perfetto.

Realtà, o solo fantasia?

I Queen aprivano il brano che più di ogni altro li ha segnati (e che dà il titolo al film) con una frase emblematica: "Is this the real life? Or is this just fantasy?". Il Cinema pone sempre una sfocata differenza tra le due cose.

Spesso risulta difficile distinguere la realtà dalla fantasia, o meglio, da una sua libera e ingegnosa interpretazione. Sostituire Mercury e i Queen è e rimarrà impossibile, ma per tutta la durata di Bohemian Rhapsody pare davvero di avere di fronte, in carne e ossa, ciò che per molti è solo un ricordo, o ancora, quello che i cosiddetti millennials non hanno mai avuto il privilegio di conoscere direttamente.

Solo fantasia, vero, ma una meravigliosa fantasia, un incantevole tributo alla persona e all'artista che è riuscita a influenzare un'intera generazione, e la cultura pop in generale. Per gli amanti delle emozioni, e non delle asettiche ricostruzioni, un film da recuperare a ogni costo.