Non è mai facile decidere di partire. Il viaggio, inteso come avventura e scoperta di sé stessi, necessita di coraggio, determinazione, volontà di mettersi alla prova e tanti rischi. Nulla incarna al meglio questa formula come ciò che viene descritto e narrato nei cento minuti di Ti porto io (titolo originale: I'll push You), il film documentario diretto da Chris Karcher e Terry Parish, uscito nelle sale cinematografiche italiane il 2 ottobre di quest'anno.
Il film del Camino
La pellicola narra l'incredibile storia vera di due amici di lunga data - Justin Skeesuck e Patrick Gray - che decidono, dopo aver visto un documentario in televisione, di intraprendere il pellegrinaggio più famoso al mondo.
Il loro cammino unisce Saint-Jean-Pied-de-Port (Pirenei francesi) alla celeberrima città galiziana di Santiago de Compostela, districandosi tra montagna, pianura e deserto, per poco più di 800 chilometri. Quello che colpisce, ovviamente, è il fatto che Justin sia costretto ad una vita immobile su una sedia a rotelle.
Seguiti da un cameraman, i due uomini iniziano un viaggio fatto di sofferenza, pericoli ma soprattutto lotta e speranza, che durerà un mese. Sono accompagnati per i primi dieci giorni da un amico di Patrick, Ted Hardy, che sceglie di abbracciarne la causa, rivelandosi fondamentale per la tratta probabilmente più dura dal punto di vista fisico e mentale: il passaggio sui Pirenei, fino a Pamplona e i Paesi Baschi spagnoli.
Condito magistralmente da interviste a protagonisti e famigliari - e da una colonna sonora che dire azzeccata pare riduttivo - il film rappresenta in prima istanza l'amicizia che lega i due, trasformando il contesto del pellegrinaggio in uno strumento per descriverne l'assoluta grandezza.
Perché no? L'amicizia supera le difficoltà
Il vero protagonista della vicenda, che dai primissimi frames può alludere ad un mero tentativo da Guinnes dei primati, è sicuramente Patrick, che incarna la figura dell'angelo custode: nati a poche ore l'uno dall'altro, i due passano la vita insieme, fino al fatidico giorno in cui Justin percepisce per la prima volta i sintomi della malattia degenerativa che cambierà per sempre la sua esistenza (la cosiddetta MAMA, bestia atroce simile alla SLA, spiegataci da qualche minuto d'intervista al neurologo dell'uomo).
Patrick ne rimane talmente devastato che più volte all'interno del documentario ripete la frase "perché non a me?" come mantra sacro. Egli però non si abbatte, decide di rimboccarsi le maniche e dimostrare all'amico ancora una volta, e più che mai, di esserci. Si trasferisce con la famiglia vicino alla casa di Justin, mostrando una forza d'animo e un amore (inteso come legame indissolubile di amicizia) che raramente si ha la fortuna di ammirare - e apprezzare - nella vita quotidiana.
Le testimonianze di mogli, genitori e amici in comune, poi, sottolineano ancora una volta l'assoluta perfezione sul piano emotivo di questo film, che non vuole essere un reportage di viaggio, ma un'estrema sintesi di quello che le relazioni umane sono in grado di creare, e soprattutto, superare.
I luoghi magnifici che contraddistinguono questo straordinario viaggio - che da secoli si è trasformato in un must per fedeli e non - non sono mai centro delle riprese, se non per esaltare ulteriormente il forte sentimento prima descritto.
I momenti di sconforto e rassegnazione non mancheranno, le lacrime versate sono tante (e non solo tra il pubblico in sala), ma ciò che resta saldo, e vince sempre, è il sorriso e la determinazione dei due protagonisti. La paralisi quasi completa - e che purtroppo, inevitabilmente, giungerà ad essere totale - non è riuscita a scalfire lo spirito di Justin, tanto che spesso e volentieri lo stesso tenta di esorcizzarla con umorismo auto ironico.
Difficoltà presentate non solo dai sentieri impervi (sassi, salite, fango, pioggia e sabbia) ma anche e soprattutto - e questo dovrebbe far riflettere - dalle barriere architettoniche che Justin incontra in hotel, alberghi, e altri luoghi pubblici.
Importante sottolineare, però, che la vicenda descritta non vuole mai essere una denuncia o una critica. Infatti, la scelta di Justin e Patrick si poneva come quasi impensabile sin dagli esordi.
Irrealizzabilità apparente che però non ha mai disorientato i due eroi, o le loro famiglie: "appena me l'ha detto, ho pensato subito perché no? Vai, lo devi fare con lui" dirà la moglie di Patrick in un'intervista. Ecco allora che la grandezza della loro amicizia costruisce le proprie basi anche sul forte supporto delle persone a loro care, che li aspetteranno, cuore in mano e lacrime di gioia sul viso, al capolinea della loro incredibile avventura.
Una pellicola da non perdere
Il Cammino di Santiago come mai raccontato prima - nonostante, specialmente negli ultimi anni, le pellicole a riguardo siano state molte (The Way con uno splendido Martin Sheen su tutte) - in un affresco di speranza e determinazione, di resistenza e sacrificio, che porta lo spettatore a porsi domande, a guardare il viaggio, e la vita, attraverso una prospettiva diversa e spesso sconosciuta: quella di chi lotta, senza arrendersi mai; in sintesi, una piccola perla da recuperare ad ogni costo, soprattutto per chi vede il viaggio come molto più di una semplice vacanza.