Era venerdì 26 novembre 2010 quando si persero le tracce della giovane Yara Gambirasio che era andata in palestra a consegnare uno stereo per una gara che si sarebbe tenuta la domenica successiva. La 13enne di Brembate di Sopra (in provincia di Bergamo) non fece più ritorno a casa da quella sera e venne ritrovata senza vita tre mesi dopo in un campo a Chignolo D'Isola, a circa 10 chilometri di distanza dalla palestra nella quale venne vista l'ultima volta intorno alle 18.40 .

Il caso della piccola Yara ha scosso profondamente l'Italia e nonostante le grandi forze spiegate per ricercare e consegnare alla giustizia il colpevole di questo atroce delitto, vennero impiegati ben 4 anni per giungere all'arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, allora 44enne muratore della zona. Il 16 giugno 2014 l'uomo, incensurato, venne arrestato come unico responsabile della scomparsa e della morte della piccola Yara. Un processo mediatico che è cominciato con un tweet dell'allora ministro Alfano che dichiarava senza riserve che "era stato arrestato l'assassino di Yara Gambirasio".

Una dichiarazione forte, forse d'impeto, che ha indirizzato il processo almeno a livello mediatico, verso un'unica direzione, considerando che questa affermazione da parte di un ministro è stata fatta quando l'imputato non aveva ancora messo piede in un'aula di tribunale.

Il processo mediatico a Massimo Bossetti

Nonostante Massimo Giuseppe Bossetti sia stato dichiarato colpevole in tre gradi di giudizio e nonostante anche la Corte Europea si sia espressa negativamente sulla riapertura del caso, sono ancora molti oggi a credere che avrebbero dovuto ripetere almeno la prova del Dna e lo stesso condannato, attualmente recluso nel carcere di Bollate, continua a dichiarare la sua innocenza e a chiedere la revisione del processo.

Sono molti i programmi televisivi che continuano ad occuparsi del caso, ma a favore del riesame dei referti e della ripetizione del Dna si sono espressi anche grandi avvocati, come Carlo Taormina. La particolarità di questo caso è che Massimo Bossetti e Yara Gambirasio erano due perfetti estranei e nulla sembra legare le loro vite se non quella traccia di Dna denominata Ignoto 1.

La traccia però, non essendo Bossetti ai tempi della scomparsa di Yara indagato ne attenzionato, è stata esaminata dalla sola accusa e sono sempre state respinte le richieste della difesa di ripetere l'esame in contraddittorio. Ed è proprio da questo diniego assoluto, che avrebbe potuto fugare ogni dubbio, che è nata la diatriba mediatica e giuridica che vede ancora oggi, nonostante siano trascorsi quasi 10 anni, il caso di Yara Gambirasio protagonista della cronaca italiana.

Caso Gambirasio: le ipotesi prima dell'arresto

Molte le ipotesi e le piste battute dagli inquirenti prima di intraprendere la strada che li avrebbe condotti ad Ignoto 1, per loro Massimo Giuseppe Bossetti. Per esempio lo scrittore Roberto Saviano, nel suo libro 'Zero, Zero, Zero' aveva ipotizzato una vendetta trasversale attuata dalla famiglia Locatelli, nei confronti del padre della ragazza, Fulvio Gambirasio.

La ditta Lopav, riconducibile al figlio di Pasquale Locatelli, pregiudicato per traffico di droga, sarebbe per lo scrittore il filo conduttore che unisce la famiglia Gambirasio con la scomparsa della figlia. Per altri non vennero seguite attentamente le indicazioni dei cani molecolari, che portavano all'allora cantiere dove ora sorge un grande centro commerciale, a Mapello. Di tutto si è etto in merito alla morte della povera Yara. La cosa di cui siamo certi è che questo processo ha dato molta importanza alla prova scientifica e le sentenze, incontestabili per alcuni e non sufficientemente motivate per altri, si basano essenzialmente sul Dna di cui però non è mai stato ripetuto l'esame in contraddittorio.

La scienza, quindi, è stata messa sopra a qualsivoglia indagine tradizionale in questo caso che ha visto il maggior campionamento di Dna in Italia. Un’analisi quasi a tappeto di tutta la zona, partendo da alcuni luoghi ritenuti importanti per gli investigatori e/o incrociando gli orari e i luoghi in cui era stata vista Yara con quello delle persone che vi transitavano. Perché allora Bossetti non fu mai chiamato a fare il test del Dna? Perché fermarlo dopo quattro anni per un controllo di routine?

Oggi comunque la nostra memoria è dedicata alla piccola Yara, che a soli 13 anni ha perso la vita ed è scomparsa nel nulla quel 26 novembre di nove anni fa, un giorno come tanti che ha inghiottito la sua giovane e promettente vita.