Sono passati poco più di dieci anni da quel 22 ottobre 2009, giorno in cui Stefano Cucchi morì mentre era sotto custodia cautelare a Roma, presso il carcere di Regina Coeli. Ci sono voluti anni di battaglie, 10 lunghissimi anni per arrivare, il 14 novembre scorso, alla condanna a 12 anni agli autori del pestaggio che costò la vita a Stefano. Di mezzo c’è stato un decennio, un film che ha mosso la sensibilità di tutto un paese, ma soprattutto la tenacia di una donna: la sorella Ilaria. Ilaria Cucchi è una donna da ammirare per aver combattuto contro uno stato considerato omertoso, che di fronte all’evidenza di un corpo sotto peso e dal volto deturpato dalle percosse, ha atteso 10 anni per condannare i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, gli artefici di questa assurda 'mattanza'.
Senza la grinta ed il coraggio di Ilaria, ad oggi nessuno ricorderebbe il cognome Cucchi. Stefano sarebbe soltanto uno dei tanti “caduti per le scale”, come cita il Cucchi interpretato da Alessandro Borghi nel film sulla vicenda.
Salvini: tolleranza zero sulla droga
Di fronte alla sentenza, il leader leghista ha dichiarato di aver invitato Ilaria Cucchi al Viminale, mostrando di supportarla ed affermando che chi ha sbagliato deve pagare. Peccato però che lo stesso Salvini abbia subito dopo dichiarato che questo caso “dimostra come la droga fa male. Io combatterò la droga in ogni piazza”. Questa dichiarazione ha spinto la Cucchi a querelare l’ex Ministro per diffamazione. Non è chiaro cosa intendesse Salvini, forse che possedere dell’hashish può portare alla morte per percosse se scoperti dall’Arma dei Carabinieri?
Come al solito, il 'capitano' ha perso un’occasione per tacere.
Reprimere non è la soluzione
Per quanto riguarda il consumo di droghe, l’Italia è tra i peggiori paesi d’Europa. Basti pensare al fatto che nel 2017 il 22% degli italiani tra i 15 ed i 64 anni ha fatto uso di qualche sostanza. Spicca in primis tra le sostanze utilizzate la cannabis, diffusa soprattutto tra i più giovani.
Ciononostante, la classe Politica sembra conoscere soltanto un modo per affrontare la questione: la repressione. L’Italia è lo Stato della Fini-Giovanardi, che aboliva la distinzione tra droghe leggere e pesanti. La droga non è mai concepita come un disagio, come un fenomeno sociale susseguente a svariati motivi - emarginazione, depressione, esclusione sociale - ma è soltanto un’entità malvagia da annientare; tale annientamento tuttavia, si traduce troppo spesso nel colpire il singolo uomo pensando di risolvere un problema decisamente più ampio.
È così che nascono i 'casi Cucchi'. Se si riconosce che c’è quasi un quarto della popolazione a consumare droghe, in uno Stato che vuole punire per educare, che vuole curare la malattia sopprimendo il malato, sono in molti a poter essere vittima di questo sistema punitivo. Sarà sufficiente avere qualche grammo di cannabis in tasca per poter rischiare la vita. Non basteranno 100, 1000 Ilaria Cucchi a salvare tutti gli Stefano portati in caserma la notte. Chiunque può essere Stefano Cucchi. E se non ci saranno abbastanza uomini e donne col coraggio di Ilaria, la droga continuerà ad uccidere, ma nei commissariati per mano di uomini dello Stato.