È degli ultimi giorni la notizia secondo la quale l’Università Bicocca di Milano avrebbe deciso di rinviare il ciclo di lezioni incentrate sulla letteratura russa, che avrebbe dovuto tenere Paolo Nori, stimato professore della Iulm e famoso autore di romanzi che, nel corso di una diretta Instagram, visivamente ed emotivamente scosso, ha denunciato quanto accaduto, rendendo noti i motivi della sospensione del suo corso presso l’università Bicocca.

Il professor Nori infatti avrebbe dovuto tenere un ciclo di quattro lezioni su alcune opere di Fedor Dostoevskij ma dopo gli eventi degli ultimi giorni riguardanti la guerra in Ucraina, l'università Bicocca ha ritenuto opportuno spostare le lezioni, rimandandole a tempi più tranquilli e meno tumultuosi, per troncare sul nascere ogni forma di dibattito e di polemica.

Considerato quanto accaduto l’università he scelto poi di rivedere le proprie posizioni, scegliendo successivamente di riconfermare il corso e diffondendo in mattinata le proprie giustificazioni.

Secondo quanto affermato dalla rettrice infatti il corso non era stato annullato, ma spostato di circa un mese, con l’intento non solo di ampliare il numero di studenti ma anche e soprattutto di inserire all’interno del programma autori ucraini.

Non tarda ad arrivare nemmeno la risposta di Nori che, mediante un tweet, ha affermato di non condividere l’idea secondo la quale se si tratti di un autore russo si debba obbligatoriamente parlare anche di uno ucraino: il corso può quindi ritenersi definitivamente annullato, questa volta per la scelta dell’insegnante.

Disappunto per la scelta iniziale dell'ateneo

Quanto accaduto è stato oggetto di critica da parte di molti, politici e privati cittadini, che in queste ore hanno manifestato la propria disapprovazione per una scelta così drastica ed insindacabile.

Una decisione quindi apparentemente immotivata non solo per la scelta di ridurre l’intera storia politica e culturale della Russia agli eventi degli ultimi giorni ma anche e soprattutto per aver attuato simile censura ai danni delle opere di Fedor Dostoevskij, autore quanto mai più lontano dal pensiero che oggi sta muovendo i fili degli avvenimenti che stiamo vivendo.

A quasi 28 anni infatti, Dostoevskij accusato di aver partecipato ad una società segreta, venne arrestato e imprigionato nella Fortezza di Pietro e Paolo: un mese dopo, la notizia della condanna a morte, commutata poi dallo Zar Nicola I, nell’obbligo ai lavori forzati.

Riflessioni su un nuovo spirito critico

Dostoevskij è forse uno degli esempi più lontani dell’intellettuale sottomesso al potere zarista e quindi conservatore e la sua intera produzione letteraria sancisce una critica profonda non solo alla realtà ma anche e soprattutto all’uomo, visto e analizzato nel suo errore, nelle sue dicotomie, nel suo senso del peccato.

Temi senza dubbio attuali che oggi solleverebbero non poche critiche: analisi positive che ci permetterebbero però di inquadrare meglio la sempre più complessa realtà in cui viviamo, aiutandoci a cogliere nuove similitudini e differenze rispetto ai tempi passati.

Scegliere di troncare dibattiti e di annientare riflessioni vuol dire quindi arrecare danno ad una società che oggi più che mai ha bisogno di uno spirito critico per avere consapevolezza di sé stessa.