Il filosofo francese Alexis De Tocqueville scriveva nel saggio 'De la Dèmocratie en Amerique': "In un paese in cui regni apertamente il dogma della sovranità del popolo la censura è non solo un pericolo ma anche una grande assurdità. La stampa è per eccellenza lo strumento democratico della libertà. La Democrazia è il potere di un popolo informato". Il fisico sovietico Andrei Sakharov invece affermava: "Fino a quando un Paese non ha la libertà civile e la libertà di informazione e una stampa indipendente, allora non esiste nessuna componente dell'opinione pubblica in grado di controllare il comportamento del governo".

Il celebre giornalista statunitense Walter Cronkite da parte sua sosteneva: "Una democrazia cessa di essere tale se i suoi cittadini non partecipano al suo governo. Per partecipare in modo intelligente, devono sapere quello che il loro governo ha fatto, sta facendo e prevede di fare. Ogni volta che qualsiasi ostacolo, non importa quale sia il suo nome, si frappone a queste informazioni, una democrazia è indebolita, e il suo futuro in pericolo. Questo è il significato di libertà di stampa". Ebbene, potremmo continuare all'infinito nella devota, ammirata e stupefatta citazione di grandi menti del passato, di varia nascita ed educazione politica nonché culturale, circa la liberta in generale e la libertà di stampa in particolare ma, quello che vogliamo sommessamente porre all'attenzione, è la questione dell'informazione in Italia.

In un Paese strano, confuso, frammentato, mai storicamente unito e pieno di contraddizioni e fratture cresce l'esigenza, specie da parte dei giovani molto più avvezzi all'informazione mediante la rete, di conoscere il reale stato della nostra libertà. A venirci in soccorso è stata l'organizzazione non governativa statunitense Freedom House che, dagli Anni 80', monitora lo stato della libertà di informazione nel mondo.

Nell'ultimo rapporto 2015, stilato di recente, le notizie per l'Italia non sono per nulla positive: il nostro Paese infatti, resta ancorato al 65esimo posto su 199 nazioni prese in esame ma, ciò che più sconcerta e ormai quasi non sorprende è la definizione di Conutry Partly Free-Paese parzialmente libero. Certo, alcuni potranno facilmente obiettare che, essere 65esimi su 199 stati non è cosa da poco ma, analizzando con attenzione il predetto rapporto si capisce come questa frase sia priva di fondamento se si comparano le democrazie in oggetto.

L'Italia essendo una delle nazioni fondatrici dell'Unione Europea e condividendo, almeno in teoria, molti ideali liberali intrinseci nella matrice europeista del nostro contesto geo-politico, non figura fra gli stati del continente più liberi per informazione. Nel continente europeo invero, peggio di noi fanno solo: Ungheria, Croazia, Bulgaria, Montenegro, Serbia, Romania, Albania, Kosovo, Bosnia Erzegovina, Grecia, Macedonia e Turchia che, senza voler offendere o mal giudicare la loro storia, non sono le culle della democrazia. Meglio di noi invece, le prevedibili Gran Bretagna, Germania, Austria, Olanda, Lussemburgo, Irlanda, i Paesi Scandinavi e addirittura Cipro. Ancora, è libera in termini di informazione buona parte dell'Europa con circa il 66% dei suoi cittadini (400 milioni di individui) che dispongono di una buona dose di notizie affidabili, coerenti e non filtrate mentre per il restante 34% (100 milioni di individui) le informazioni a disposizione sono poco coerenti, parziali e di sistema.

Insomma, l'Italia pur avendo avuto un ruolo storicamente determinante nella costruzione dell'odierno sistema europeo resta la maglia nera del continente per quanto concerne la libertà d'informazione. Infine, per legarci ai maestosi pensieri dei suddetti De Tocqueville, Sakharov e Cronkite, come si può dire di esser all'interno di un sistema democratico quando il popolo, detentore ideale del potere, non è a conoscenza di ciò che realmente accade? A noi (e non ai posteri) l'ardua sentenza…