Tra polemiche e critiche, casella dopo casella, il disegno di Matteo Renzi va completandosi. Al di là della bontà dei contenuti, la legislatura in corso va caratterizzandosi per la più alta percentuale di riforme attuate. Del resto, sin dal suo avvento, l’ex sindaco di Firenze ha impresso un ritmo vertiginoso al calendario istituzionale manipolando a suo piacimento l’agenda politica.
Sfruttando una leadership forte e indiscussa, Renzi dal suo primo giorno a Palazzo Chigi ha voluto recitare la parte di attore protagonista. All’immobilismo parlamentare ha contrapposto l’arte del compromesso fungendo da garante agli occhi degli italiani. La fiducia dell’elettorato resta alta dopo due anni di governo (a differenza del crollo fisiologico pagato dai suoi predecessori), ma gli interrogativi rimangono. Più che segretario del Partito Democratico, oggi Renzi è leader del Partito della Nazione: un’accozzaglia difficile da giustificare, seppur in un contesto di grave emergenza.
Addio dibattito parlamentare
L’abbraccio a Denis Verdini, regista nell’ombra di Silvio Berlusconi per vent’anni, è solo l’ultima (ma forse più eclatante) giravolta che il premier ha compiuto senza remore. Nella “legislatura delle riforme” senza numeri però non si può fare un bel nulla e allora “meglio la fiducia di un nemico che cambiare il programma prefissato”. La convinzione di Renzi è che il suo elettorato sia disposto a perdonargli tutto giustificandone ogni mezzo in nome del fine. A ciò è dovuta la velocità di esecuzione del premier che ha quasi azzerato il dibattito parlamentare (seme della democrazia) considerato mero portatore di ostruzionismo strumentale. Il governo Renzi ha costruito sui voti di fiducia (più di 50 in soli due anni) il suo modus operandi rimanendo tuttavia estraneo agli attacchi ricevuti dal governo Berlusconi che, a confronto addirittura, ne ha centellinato il ricorso.
È questo il più grande merito di Renzi: essere riuscito a cambiare le papille gustative dell’area democratica (per dirla alla Bersani ndr), facendo divenire commestibile anche Verdini.
Eclissi o rinascita a Sinistra
Insieme al voto di fiducia è di sicuro il trasformismo l’elemento caratterizzante della legislatura: ad oggi i cambi di casacca registrati tra Camera e Senato sono stati 341. Uno sproposito che fotografa ancor di più la distanza da un’effettiva legittimità parlamentare. Di questa statistica ne ha beneficiato soprattutto il governo che ha acquistato sostegni fondamentali per rafforzarsi. In casa Pd i malumori restano forti, ma la minoranza non è riuscita a complicare i piani di Renzi che ha aggirato quasi con banalità gli ostacoli che gli si sono contrapposti.
La resa dei conti potrebbe arrivare nel corso del prossimo congresso che, verosimilmente, sarà convocato dopo le amministrative e il referendum costituzionale. Due tappe cruciali per Renzi che si gioca gran parte della possibilità di arrivare fischiettando al 2018. La sinistra PD è scesa in campo per ribaltare il tavolo con Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana. “Ho sentito il dovere di candidarmi - ha spiegato - mettendo in campo una proposta politica di alternativa al Renzismo”.