Il lungo e straziante momento di commozione seguito alla grande tragedia è ancora in atto, mentre si prosegue a scavare tra le macerie dei paesi distrutti dal Terremoto nel reatino e nell'ascolano. Amatrice, Accumoli ed Arquata del Tronto sono stati i centri più colpiti ed il pesantissimo tributo pagato al sisma ammonta a quasi 300 vittime. Nel contempo si pensa a ridare un vero tetto agli oltre 2.500 sfollati e, paradossalmente, inizia la fase più dura e tortuosa.

Nell'ultimo mezzo secolo di storia del Paese le ricostruzioni post-terremoto sono sempre  state pachidermiche, discusse e discutibili. Oltretutto, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono ancora terminate.

Il piano 'Casa Italia'

Il governo Renzi ha lanciato il piano 'Casa Italia' e stanziato immediatamente i primi 50 milioni di euro per la ricostruzione. Non sarà seguito l'esempio dell'Abruzzo, l'intenzione infatti è quella di ricostruire i borghi distrutti senza la creazione di "new town", così come accadde all'Aquila sette anni fa. "Non è mia intenzione giudicare quanto fatto all'Aquila - ha sottolineato il ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio - ma stavolta ogni decisione sarà presa dai sindaci dei paesi colpiti dal terremoto.

Sono convinto che tutti saranno d'accordo nel ricostruire il proprio paese dove è sempre stato e non di rifarlo da un'altra parte". Naturale che il piano di ricostruzione dell'esecutivo sia già stato duramente criticato dalle opposizioni.

L'Aquila, il fallimento delle 'new town'

Ad ogni modo, nessun politico di buon senso oggi potrebbe citare le opere messe in atto all'Aquila dopo il sisma del 2009 come un "esempio di virtuosismo". Sette anni dopo, la ricostruzione (costata complessivamente 12 miliardi) è ancora in atto, quasi completata nelle zone periferiche, ma lontana al compimento nel centro storico. I complessi antisismici ed ecocompatibili voluti dal governo Berlusconi (4.600 alloggi) si sono rivelati un totale fallimento se consideriamo che parecchi sono già in condizioni fatiscenti.

Il "progetto case" costò complessivamente quasi un miliardo, oggi queste abitazioni prive di servizi ed infrastrutture efficienti si sono trasformate in una sorta di "ghetto" per anziani, indigenti ed immigrati. Senza contare le inchieste giudiziarie scattate a seguito dei lavori di ricostruzione, come quella dei "pagamenti taroccati" ai subappaltatori.

La ricostruzione infinita

Quello che nel 1968 devastò la Valle del Belice in Sicilia Occidentale è il primo grande sisma nell'Italia del dopoguerra, con quasi 400 vittime. Lo scorso giugno i paesi di Gibellina e Salaparuta hanno ricevuto la visita della commissione ambiente del Senato che ha verificato lo stato di completamento delle opere di ricostruzione:  inaccettabile, se pensiamo che sono trascorsi quasi 50 anni.

Quanti fondi siano stati stanziati con certezza è un calcolo difficile: ufficialmente tra il 1968 ed il 1995 è stata autorizzata una spesa pari a 3.100 miliardi di vecchie lire, pari a circa 6 miliardi di euro. L'ultimo intervento era previsto dalla Finanziaria del 2013. Di tutti i grandi terremoti accaduti in Italia dal 1968 ad oggi, soltanto quello in Friuli del 1976 ha completato la ricostruzione nel 2006 con una spesa pari a 20 miliardi. La cifra stanziata complessivamente dallo Stato per tutti gli eventi sismici è pari a circa 121 miliardi di euro ed oltre la metà (66 miliardi) è finita nella voragine dell'Irpinia: il terremoto dal bilancio più pesante con oltre 2.900 morti e 280 mila sfollati ed anche quello caratterizzato da molteplici scandali, ad iniziare dal tardivo intervento dei soccorsi fino ai comprovati intrecci tra camorra e politica nella gestione dei fondi per la ricostruzione.

I citati esempi non alimentano certamente la fiducia della gente sulla classe dirigente. Abbiamo brevemente illustrato epoche diverse caratterizzate da politici diversi: dire "è sempre stata la stessa storia" non è qualunquismo ma realtà dei fatti.