Una sorta di patto del Nazareno-bis: è questa l’ipotesi espressa da un “big” di Forza Italia, Renato Brunetta, in un’intervista al programma “Circo Massimo” su Radio Capital. Possibilità, questa, che si concretizzerebbe, prosegue l’esponente forzista, solo riconoscendo al Partito democratico la presidenza di una delle Camere, anche ad un Pd “renziano”.

Corsi e ricorsi della storia

Un "centrodestra allargato": in quest’ottica l’ex-capogruppo a Montecitorio di Fi vedrebbe di buon occhio un’alleanza tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Insieme in un "partito della nazione", dunque. Una sorta di Nazareno-bis appunto, patto che sarebbe stretto con il Pd perché Forza Italia e il resto della coalizione sarebbero pronti a dialogare con il centro-sinistra. “Rendendo il favore”, per così dire, proprio allo stesso segretario uscente dem, che in passato aveva aperto al centro-destra.

Diverse opinioni, differenti manovre

E se Matteo Salvini cerca di smarcarsi, dichiarando di voler offrire la presidenza di uno dei due rami del Parlamento al MoVimento 5 Stelle, riservando l’altro alla Lega, Brunetta ammette che, certo, è stato il Carroccio ad ottenere la percentuale più alta di voti nella coalizione, ma è il centro-destra intero che ha ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni.

Ed è dunque tutta la macro-compagine insieme a decidere chi siano quelle forze politiche responsabili alle quali eventualmente affidare la scelta di uno dei due presidenti delle Camere. La si potrebbe affidare al Pd, aggiunge l’ex-capogruppo forzista, per guadagnarne il supporto esterno.

Acque agitate in casa dem

Frattanto, oggi è il giorno della tanto annunciata Direzione del Partito democratico, nella quale dovrebbero essere rese ufficiali le dimissioni di Renzi. Poi, Maurizio Martina dovrebbe assumere la “reggenza” del partito, annunciare la gestione collegiale della transizione dal segretario uscente a quello nuovo e infine dettare la linea politica, ossia l’opposizione. Importante sarà poi l’analisi delle ragioni della sconfitta che l’attuale ministro delle Politiche Agricole effettuerà.

Perché la “road-map” termina con l’Assemblea nazionale di metà aprile. E sarà in quell’occasione che si sceglierà se eleggere subito un nuovo segretario o avviare i lavori del Congresso. Che terminerebbe con le Primarie del 2019 o del, e ciò sarebbe preferito dai renziani che avrebbero modo di riprendersi completamente dal post-voto e di acquisire nuova forza nel partito, 2021. Ma allora ci si deve chiedere chi possa essere il “nocchiere” che traghetterà il Pd fino a quelle due date. Graziano Delrio sembra il più probabile, nonostante cerchi di tirarsene fuori, meno Nicola Zingaretti, che rappresenta una concrezione di una sensibilità più di sinistra nella compagine, e Carlo Calenda - a dispetto del suo attivismo -.

Oggi la linea politica

Questo è certo, ora, fra i dem: vi è incertezza. E non solo sui nomi nei futuri organi di partito, ma sulla sua stessa linea. Perché se, da un lato, Matteo Orfini sottolinea che sia compito esclusivo di Lega e M5S governare il Paese in quanto vincitori delle elezioni allo stesso tempo non chiude alla possibilità di un “governissimo” del Capo dello Stato con le altre forze in Parlamento. Il presidente del Pd, poi, esclude che il partito accetti la presidenza di una delle Camere, ma tra i democratici vi è qualcuno che non ci giurerebbe. Completamente diversa è invece la tesi di Michele Emiliano, per il quale si dovrebbe sostenere un esecutivo pentastellato. Vari dinstinguo, insomma: toccherà a Martina, oggi, stabilire una volta per tutte qual è la posizione del Pd.