Siamo giunti alla fine del V Convegno Ecclesiale Nazionale dal titolo: “In Gesù Cristo – Il Nuovo Umanesimo”, tenutosi a Firenze dal 9 al 13 novembre. Il Primo Convegno si tenne nel 1976 a Roma. Potremmo definire i Convegni una sorta di Stati generali della Chiesa in Italia. Quest’anno l’evento si è svolto presso la Fortezza del Basso ed in altri luoghi sacri del capoluogo toscano. Oltre alla partecipazione dei Vescovi, vi hanno preso parte componenti delle diocesi e delle aggregazioni laicali. Il 10 novembre, a far visita a questo importante appuntamento, è giuntoPapa Francesco,che dopo aver pranzato alla Caritas, si è spostato, per celebrare la Santa Messa allo stadio “Artemio Franchi”, dove ha ricordato ai numerosi fedeli di dire no all’ossessione del potere e sì all’umiltà.
La testimonianzadi Don Roberto Piemonte
Don Roberto Piemonte è parroco di un piccolo paese in provincia di Salerno, San Gregorio Magno. Un giovanissimo sacerdote che da sempre si è caratterizzato per una forte fede, mettendo al centro della sua vita l’amore verso gli altri. Abbiamo intervistato il parroco di San Gregorio Magno.
Don Roberto, cosa ha significato per te e per la parrocchia che rappresenti aver partecipato al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale?
Lanostra diocesi ha avuto la possibilità di avere 10 delegati. Del nostro territorio siamo stati 4. È sicuramente il riconoscimento di una presenza fattiva e responsabile delle nostre comunità nella vita diocesana. Da sempre, noi parroci insistiamo perché le comunità parrocchiali si aprano al territorio e abbiano un respiro diocesano che vivifichi e ci immetta in una progettualità più ampia.
Partecipare al Convegno nazionale sul nuovo umanesimo in Cristo è stata un'esperienza unica di confronto, apertura e responsabilità.
Papa Francesco ha evidenziato ancora una volta che i cristiani devono vivere e lottare per la verità, abbandonando qualsiasi bene materiale della vita terrena; qual è il tuo pensiero affinché si possa raggiungere pienamente questo stile di vita?
Papa Francesco ha aperto i lavori del convegno di Firenzedestabilizzando positivamente i convegnisti. Il suo forte e appassionato richiamo ad una chiesa che deve diventare madre che si prende cura dei suoi figli, è la sfida essenziale in cui si inserisce il richiamo alla povertà, all'ascolto di tutti gli uomini, allo stile di servizio che deve animare e motivare soprattutto il clero.
Far vivere questa esperienza cristiana anche ai laici cosa significa per la Chiesa?
L'esperienza dei convegni ecclesiali è soprattutto un'occasione perché il laicato senta come suoi i problemi e le prospettive della chiesa italiana. Quest'anno c'è stata la novità dei laboratori nei quali l'ascolto è diventato partecipazione, e quest'ultima corresponsabilità. Credo che questo stile che chiamiamo sinodale, che nella diocesi di Salerno abbiamo già avviato da qualche anno, sia una conquista e un punto di non ritorno per una sempre maggiore partecipazione dei laici alla vita della chiesa da protagonisti e non da esecutori di direttive calate dall'alto.