Si tratta di una malattia neurodegenerativa a evoluzione lenta, progressiva, molto frequente, e che colpisce un po' a tutte le età, ma soprattutto gli anziani. Ha origine da una carenza di dopamina, che si deve alla distruzione di gran parte delle cellule di un'area molto profonda del cervello motorio. Uno dei sintomi più noti è il tremore a riposo, che in realtà è presente solo nel 60-70% dei pazienti.
Più comune e precoce è la lentezza nei movimenti, ma bisogna considerare, in una fase più avanzata, anche la rigidità muscolare e la facilità alle cadute. La carenza di dopamina si riflette anche sui comportamenti dei pazienti, che diventano più chiusi, apatici, solitari e nel tempo presentano fragilità cognitiva, depressione e disturbi del sonno. Riguardo alle cause, si sa che sulla predisposizione, dovuta a "errori" nel corredo dei geni, in particolare nelle forme a esordio giovanile, può innestarsi anche l'azione di "neurotossine" ambientali, come per esempio i fitofarmaci antiparassitari usati in agricoltura.
La stimolazione cerebrale profonda
La cura farmacologica attuale è finalizzata a fornire di dopamina le cellule del cervello. Grazie a una sostanza chiamata levodopa, nella maggior parte dei casi si riescono a tenere sotto controllo i sintomi motori per molti anni. Quando però la mattina si aggrava, è opportuno pensare alla soluzione chirurgica, cioè alla stimolazione celebrale profonda. La tecnica è nota da una ventina d'anni, ma le sue potenzialità terapeutiche sono migliorate grazie allo sviluppo di elettrodi che possono dirigere con precisione la stimolazione elettrica verso le zone "bersaglio", permettendo così un risultato clinico migliore e minori effetti collaterali.
Si tratta di un intervento minimamente invasivo, che viene effettuato dal neurochirurgo.
Ecco come: si pratica un piccolo foro frontale bilateralmente, di solito con anestesia locale, perché intervenire sul cervello, privo di terminazioni nervose, non provoca dolore. Si scende poi con gli elettrodi fino a raggiungere il "bersaglio" scelto, mentre in tempo reale si verifica la precisione del posizionamento grazie alla Tac intraoperatoria. Intervenire con il paziente sveglio è importante, per una verifica immediata, poiché con la giusta stimolazione, i sintomi come tremore e rigidità cessano immediatamente, e anche per escludere il più possibile effetti collaterali. Dopo qualche giorno si effettua un breve intervento in anestesia generale, per posizionare sottocute, al di sotto della clavicola, un pace maker digitale connesso agli elettrodi con una tecnologia bluetooth, senza fili e sicura. Il piccolo neurostimolatore viene programmato dai medici in base alla necessità del paziente.